La più grande operazione contro la mafia garganica mai eseguita. Maxi-operazione “Mari e monti” di polizia, carabinieri e guardia di finanza tra Foggia e altre città pugliesi: decine gli arresti per associazione mafiosa, traffico di droga e estorsioni. Colpito il clan Li Bergolis di Monte Sant’Angelo. In totale 37 persone (tra cui una donna) ritenute appartenenti al clan sono finite in carcere, in 2 ai domiciliari. Per tre è stato disposto il 41 bis, complessivamente sono stati sequestrati beni per 10 milioni di euro. Altre sette persone erano indagate ma sono state uccise in vari agguati durante le indagini.
L’operazione scaturisce da una vastissima e articolata manovra investigativa, diretta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, con il coordinamento della Direzione Nazionale Antimafia: 48 i capi d’imputazione, dieci milioni di beni sequestrati.
“Il percorso evolutivo del clan Li Bergolis – si legge nel comunicato stampa della Procura – risulta caratterizzato dalla
coesistenza di elementi legati alla tradizione con profili di significativa modernità”, riuscendo a unire alla “sua
configurazione conforme agli schemi della ‘mafia militare’, il più evoluto e sofisticato profilo di ‘mafia degli affari'”.
“Il sodalizio mafioso garganico – si legge ancora – si caratterizza per la sua forte connotazione familistica e per un
radicamento territoriale quanto mai pervasivo, elementi che hanno, nel tempo, assicurato tenuta omertosa, saldezza del vincolo associativo e generalizzata capacità di condizionamento ambientale”.
“E’ stato necessario richiedere la sottoposizione al regime detentivo speciale (il 41 bis, ndr) nei confronti di alcuni capi dell’organizzazione, già detenuti in regime di alta sicurezza. Il regime di alta sicurezza è inidoneo a contenere la pericolosità delle alte figure mafiose”, ha detto a Bari il procuratore nazionale Antimafia, Giovanni Melillo. “Non si cessa di essere mafiosi una volta che si viene arrestati”, ha aggiunto.
Il procuratore di Bari, Roberto Rossi, ha sottolineato la “quantità e la qualità della risposta dello Stato. Questa operazione è stata svolta grazie a un coordinamento efficace e straordinario” di magistrati e forze dell’ordine.
Nel corso delle indagini è stato notato il progressivo “inserimento nell’organizzazione di giovani leve, aiutate a fuggire dalle comunità in cui sono ospitati” e poi utilizzati “per commettere piccoli furti e altri reati predatori, che hanno lo scopo di formare l’adepto”. A dirlo è stato il pm della Direzione nazionale antimafia, Giuseppe Gatti. Il reclutamento di minorenni, sottolinea il comunicato, “è una peculiare caratteristica del clan Li Bergolis, con l’attivazione di un percorso di tutoraggio delle giovani leve”, la cui affidabilità viene appunto testata con “il loro impiego nella commissione di reati predatori”, come ad esempio furti.
Stefania Losito