
Nel sondaggio di Skuola.net c’è anche chi, grazie a ChatPsicologo, è aperto a incontrare uno specialista in carne e ossa
L’intelligenza artificiale diventa sempre più presente nella vita dei ragazzi. Un sostegno, un aiuto, addirittura un consulente psicologico di cui non poter fare a meno. Questo perché l’AI è economica, disponibile h24, non giudica ed è discreta. A rivelarlo è un’indagine di Skuola.net su un campione di 2.000 giovani tra gli 11 ed i 25 anni, che segnala come il 15% di loro abbia ammesso di utilizzare una delle varie “intelligenze” disponibili – come, ad esempio, la più famosa ChatGPT – per confidarsi. Un giovane su 4 usa la Chat almeno una volta alla settimana, proprio come una seduta dallo psicologo. E, complessivamente, 6 giovani su 10 l’hanno provata almeno una volta nella vita in questa veste.
Le motivazioni: il 38% la utilizza proprio perché disponibile in ogni momento, il 31% la interpreta come forma di auto-aiuto che si può gestire autonomamente, il 28% vi ricorre per avere un giudizio obiettivo riguardo la propria condizione. Nella classifica dei motivi per cui si preferisce l’IA all’umano, c’è anche la sensazione di sentirsi meno giudicati, e di avere meno difficoltà ad aprirsi rispetto a quelle che si avrebbero di fronte ad una persona in carne ed ossa.
La metà di chi ha una consultazione quotidiana (15%) o settimanale con il ChatPsicologo (8%) ritiene che la sua vita
sia decisamente (17%) o leggermente (34%) migliorata. Alla peggio le cose sono rimaste invariate (47%). Pochissimi quelli che pensano che il proprio stato mentale sia, purtroppo, peggiorato (2%).
Il pericolo, però, è il possibile sviluppo di una dipendenza: 1 su 3 ha percepito la sensazione di non poter più fare a meno di queste conversazioni. Fino anche alla creazione di veri e propri legami empatici: 1 su 6, sempre tra gli utilizzatori frequenti, dichiara di sentire spesso una connessione emotiva durante le “sedute”, mentre il 38% ammette
che può avvenire ma con frequenza più sporadica.
Rischi che, però, potrebbero essere mitigati per quel 16% di utilizzatori frequenti che attualmente associa questa pratica alla frequentazione di un terapista umano. Esperienza che ha fatto in passato il 28% di loro, mentre la metà non ha mai avuto contatto con un professionista in carne ed ossa. Ma per 3 giovani su dieci, effettivamente, quest’esperienza artificiale è stata da stimolo per rivolgersi a un terapista umano.
Stefania Losito