
Al Nord si lavora 27 giorni in più rispetto al Sud. La ragione non sta nello stacanovismo dei cittadini settentrionali, piuttosto è legata al lavoro sommerso che nel Mezzogiorno è più diffuso. Non solo, ma nelle regioni meridionali c’è maggiore precarietà, e una diffusa presenza di part time involontario, soprattutto nei servizi, dove ci sono gli stagionali occupati nel settore ricettivo e dell’agricoltura che abbassano di molto la media delle ore lavorate. Sono i dati dell’ultima analisi dell’Ufficio studi della CGIA, l’associazione artigiani e piccole imprese, relativi al 2023. Per gli analisti, dove si lavora di più, le retribuzioni sono anche più alte perché la produttività è maggiore e conseguentemente gli stipendi e i salari sono più pesanti. Se, come riporta la CGIA, al Nord la retribuzione media giornaliera nel 2023 era di 104 euro lordi, al Sud si è fermata a 77 euro, cioè il 35% in meno. La produttività, al contrario, è dunque il 34% in più nelle regioni settentrionali. Per trovare la prima città del sud in cui si lavora più ore bisogna scendere al 55esimo posto in classifica, ed è Bari. Quart’ultima Foggia. Mentre nella classifica della retribuzione media, la prima provincia presente in classifica è al 66esimo posto ed è Potenza. La retribuzione media giornaliera, al sud, è di 76 euro, contro gli oltre 100 del nordovest italiano. Un gap sottolineato dal terz’ultimo posto della puglia, con Sicilia e Calabria agli ultimi due.
Stefania Losito