
A rischio occupazione e vendita
L’incidente all’Altoforno 1 verificatosi lo scorso 7 maggio ha danneggiato in modo pesante la struttura e i tempi per ottenere dalla procura il dissequestro dell’impianto sono troppo lunghi per intervenire ed evitare danni strutturali. Il rischio concreto è che ci siano contraccolpi occupazionali. Potrebbe poi saltare, o comunque diventare meno appetibile, l’acquisto dell’impianto in un momento in cui la trattativa era nella fase finale con le strutture commissariali di Acciaierie d’Italia in As e Ilva in As confrontarsi con gli azeri di Baku Steel.
“Più che le trattative in corso l’incidente può compromettere la ripresa degli stabilimenti e l’occupazione. Verosimilmente l’impianto è del tutto compromesso”, ha detto il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che stava aspettando un report dai commissari per capire la situazione. “Si è intervenuti troppo tardi, rispetto a quanto era stato richiesto sulla base di chiare perizie tecniche, bisognava farlo entro 48 ore e purtroppo non hanno avuto l’autorizzazione a farlo – ha spiegato il ministro – È un danno notevole che avrà inevitabilmente immediate ripercussioni sull’occupazione”.
L’azienda ha spiegato che al momento dell’incidente, l’altoforno era “pieno di fusi” e “in questi casi si deve intervenire entro 48 ore per evitare danni strutturali. Nel caso della gestione dei fusi è necessario abbassare la carica dell’altoforno e colare i materiali fusi rimasti nel crogiolo”. Ma il via libera ai lavori, sollecitati “per tutelare l’integrità dell’impianto e non finalizzate alla ripresa della produzione” non sarebbe arrivato “nei tempi utili”. In pratica “nel momento in cui dovessero essere autorizzate, oggi, dopo oltre 120 ore dall’evento, non è più possibile procedere con il colaggio dei fusi, con la conseguenza che, in caso di riavvio, si dovranno adottare procedure straordinarie, complesse e con esiti assolutamente incerti”. Questo incide sul cronoprogramma di riavvio dell’impianto che, con un altoforno in meno, dovrà inevitabilmente ridurre la propria capacità produttiva, che potenzialmente poteva arrivare a 6 milioni di tonnellate e che ora potrebbe essere tagliata di almeno un terzo. Con un impatto sicuro sul lavoro ma anche con una possibile minore valorizzazione da parte del gruppo azero acquirente, che a questo punto potrebbe anche decidere di non procedere. Oggi proprio l’aspetto occupazionale sarà al centro di un confronto tra i commissari e i rappresentanti dei lavoratori.
Michela Lopez