Grazie ai giochi abbiamo visto che i sogni non vanno mai lasciati da parte. Dal sorriso pulito di Vito Dell’Aquila, alla nuova vita di Federica Pellegrini. Le storie di Stano, Palmisano, Tamberi e Jacobs
I giochi olimpici in Giappone sono stati l’occasione per scoprire tanti volti e tante storie fino ad ora nascoste.
Abbiamo cominciato subito dopo l’inaugurazione, quando abbiamo scoperto il sorriso pulito di Vito Dell’Aquila, la prima medaglia d’oro dell’Italia dei giochi. Vito con la sua semplicità e la solarità tipica della Puglia ha vinto, non ha pianto e ha dedicato la sua medaglia al nonno da poco scomparso, il nonno caro che lo accompagnava a scuola e in palestra.
Abbiamo scoperto la rabbia dello schermidore foggiano Luigi Samele che dopo aver vinto l’argento ha detto “mi bolle il sangue da buon terrone”.
Abbiamo tifato restando svegli di notte per la divina Federica Pellegrini che ci ha mostrato il suo passaggio dalle vasche, alla vita come membro del CIO e ci ha fatto piangere per il suo addio alle gare e la dichiarazione d’amore al suo fidanzato fatta tra le lacrime.
Abbiamo tremato di emozione per le due medaglie conquistate da Gregorio Paltrinieri, messo ko prima dei giochi anche dalla mononucleosi! Cadere e rialzarsi, questo insegnano gli atleti.
Ci siamo dispiaciuti per la giovanissima Benedetta Pilato, la nuotatrice tarantina che non ha fatto una buona olimpiade, ma ha ricevuto gli incoraggiamenti di tutti.
Siamo andati in estasi per la medaglia condivisa di Gianmarco Tamberi con l’atleta del Qatar Mutaz Barshim: la loro “possiamo essere entrambi medaglia d’oro?” passerà alla storia. Come la storia di riscatto di Tamberi che dopo l’infortunio ha vissuto gli ultimi 5 anni pensando solo a Tokyo e che prima di partire per i giochi ha chiesto alla sua fidanzata di sposarlo.
Così come passerà alla storia la velocità di Marcell Jacobs che in 9’’ e 80 ha vinto la sua medaglia d’oro nei 100metri e poi ha conquistato una seconda medaglia d’oro nella staffetta 4×100. Abbiamo conosciuto la storia di Fausto Desalù e della sua mamma badante, l’umiltà dei campioni e le storie dei marciatori pugliesi.
Antonella Palmisano da Mottola che durante il lockdown si allenava intorno a casa “correndo come un criceto” come lei stessa ha raccontato a Radio Norba e che prima di partire per Tokyo era stata ferma per infortunio. La storia di Massimo Stano, nato a Grumo Appula e cresciuto a Palo del Colle che è diventato musulmano per amore e aspetta di rientrare da Tokyo per cominciare lo svezzamento della sua bimba che ha 5 mesi. Abbiamo scoperto che la Puglia da sola avrebbe potuto partecipare alle olimpiadi per quante medaglie ha vinto.
Abbiamo scoperto che dietro la vittoria delle medaglie di Jacobs, Luigi Busà, Viviana Bottaro, Alice Betto, Jeannin Negmelin c’era il talento della mental coach pugliese di Putignano Nicoletta Romanazzi. E, dunque, abbiamo anche scoperto cosa fa un mental coach!
La frase che abbiamo sentito ripetere dagli atleti vincitori italiani è stata “Era un sogno che avevo da quando ero bambino”. Ecco, questo è l’insegnamento più grande che arriva dai giochi di Tokyo: non si deve mai smettere di sognare, di avere un obiettivo in testa, anche se si vivono vite difficili come quelle di alcuni atleti, cresciuti senza padre, con mamme che hanno dovuto lottare per crescerli, con infortuni, cadute e riprese. I sogni no, quelli non si devono mollare mai.
Angela Tangorra
Foto dal profilo Instagram Coniofficial, ItaliaTeam, Vito Dell’Aquila, Federica Pellegrini