Il capoluogo pugliese si ripropone come città simbolo della pace e del dialogo tra Oriente e Occidente
Bari “porta d’Oriente” nel nome di San Nicola, il santo che unisce. Ma il conflitto in Ucraina rappresenta una sfida complessa per la chiesa e non solo per quella ortodossa. Le parole di Kirill, patriarca di Mosca e di tutte le Russie che legittimano l’offensiva di Putin in Ucraina, non sono passate inosservate. La sortita di Kirill che ha giustificato il conflitto in Ucraina come una guerra Santa contro il peccaminoso Occidente, portando ad esempio le parate gay, un “peccato condannato dalla parola di Dio”, parole pronunciate nell’omelia del giorno del perdono per gli ortodossi, non è piaciuta agli Ortodossi d’Occidente.
Una guerra che sta assumendo sempre di più i tratti di uno scontro tra civiltà. E la eco è arrivata forte e chiara in tutta Europa, Puglia e Bari comprese. Proprio nel capoluogo pugliese vi è l’unico caso al mondo di una cappella ortodossa dentro una chiesa cattolica. Si tratta della cripta della Basilica di San Nicola dove cattolici e ortodossi sono soliti pregare insieme. Se da una parte i russi di fede ortodossa che vivono in città preferiscono non esporsi -anche perché oggetto di una “russofobia” senza precedenti – quelli delle comunità rumena, greca, ucraina e georgiana, non usano mezzi termini nel condannare la “sortita” di Kirill. “Non poteva usare parole diverse, deve in qualche modo sostenere Putin” – dicono Ana e Maria, arrivate dalla Georgia.
“Mi sembra – ragiona don Alfredo Gabrielli, direttore dell’ufficio ecumenismo della diocesi di Bari- che dalle dichiarazioni del patriarca Kirill emergano delle preoccupazioni per gli sviluppi culturali in Occidente. In un dialogo sincero si può capire meglio quali sono i punti critici, e Bari è un luogo in cui si sta insieme”.
Anche il priore della Basilica di Bari, padre Giovanni Distante, crede nell’importanza del dialogo: “Penso -che il patriarca Kirill come tutti quanti i cristiani in questo momento stia soffrendo. Quindi bando alle parole; in questi giorni bisogna soprattutto lavorare cercando di mettere insieme tutti i mezzi che possano frenare la guerra”.
C’è anche chi, pur parlando di “stupidi nazionalismi”, sostiene che il discorso di Kirill sia stato strumentalizzato. “Sono state secondo me (le parole del patriarca, ndr) un po’ strumentalizzate – afferma Michail Talalay dell’Istituto di storia universale dell’Accademia russa delle scienze – all’interno di un contesto polemico”.
Allo scoppio della guerra in Ucraina, da più parti sono stati sollevati appelli per la pace. L’ultimo è quello del Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec), di cui pure il patriarcato di Mosca da parte. Ma Kirill, anche dopo l’appello dei vescovi europei, non ha fatto marcia indietro confermando di fatto il sostegno del patriarcato al Cremlino. Kirll, infatti, ha ribadito le ragioni della guerra attribuendo le responsabilità del conflitto alla Nato che avrebbe ignorato le preoccupazioni di Mosca per il rafforzamento della presenza militare degli Stati membri, e non solo: il patriarca ha parlato anche di strategia dell’Occidente volta a “indebolire la Russia” con il “tentativo di trasformare mentalmente gli ucraini e i russi che vivono in Ucraina, in nemici della Russia”. Agli appelli per convincere Kirill a premere su Putin per avviare una trattativa di pace si aggiungono anche le preghiere congiunte come quelle della comunità dei padri domenicani della Basilica di Bari, ogni mercoledì durante tutto il periodo di Quaresima, e le manifestazioni del mondo religioso e civile. Una richiesta unanime, dunque, da parte di tutti i cristiani -cattolici e ortodossi- mentre intanto civili, innocenti e bambini continuano a morire sotto le bombe russe.
Sono ancora vive nella memoria le immagini di Papa Francesco che proprio a Bari, nel 2018, ha incontrato i patriarchi e i capi delle chiese del Medio Oriente per pregare per la pace. E a febbraio 2020, poco prima del lockdown, ha chiamato a raccolta i vescovi cattolici del Mediterraneo. Chissà che possa essere ancora una volta Bari la città in cui decidere di dare un senso alla parola “pace” evitando che altre vite umane vengano sacrificate.
“Perché questa nostra terra -ha detto il priore Distante- bagnata dal mar Mediterraneo possa diventare una terra di pace”. Chissà se San Nicola riuscirà nell’impresa di fermare Putin.
Anna Piscopo