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Cop28 a Dubai, Pichetto: “Sicurezza alimentare globale tra le priorità, 10 milioni per sistemi cibo e clima”

“La prossima Presidenza italiana del G7, nel 2024, continuerà a promuovere un’agenda integrata e ambiziosa sul clima e sui sistemi alimentari, mantenendo alta l’attenzione sulla sicurezza alimentare globale nell’agenda politica internazionale” lo ha detto il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto intervenendo alla Cop28 a Dubai annunciando “che l’Italia contribuirà con 10 milioni di euro per catalizzare investimenti più ampi in piani integrati di cibo e clima nei paesi in via di sviluppo”. Intanto si fanno serrati i colloqui fra le delegazioni dei 197 Paesi più l’Ue per arrivare a definire un accordo sulle questioni chiave. Tra i nodi, il linguaggio sull’eliminazione graduale dei combustibili fossili. “Il 1 dicembre, qui a Dubai, il presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni, ha annunciato che l’Italia ha firmato la Dichiarazione degli Emirati Arabi Uniti sulla Agricoltura Sostenibile, i Sistemi Alimentari Resilienti e l’Azione per il Clima della CoP28 – ha ricordato Pichetto – Siamo molto soddisfatti del grande sostegno che sta ricevendo da parte della comunità internazionale”.
I fondi messi a disposizione, ha spiegato Pichetto, “saranno utilizzati per sostenere progetti pilota in diversi paesi
africani, in collaborazione con le organizzazioni internazionali e regionali, nonché con il settore privato”. Inoltre, “l’Italia
continuerà a sostenere l’Iniziativa per l’Africa del G20, che mira a promuovere la crescita economica sostenibile e inclusiva nel continente africano. Tutte queste iniziative rientrano in quello che definirei lo spirito del Piano Mattei, con il quale l’Italia intende promuovere lo sviluppo in Africa sulla base di partenariati paritari”. 

LA RICERCA – Intanto, in Italia, solo un’impresa su cinque dichiara di avere adottato un piano per contrastare il cambiamento climatico, il 17% ha fissato obiettivi di riduzione delle proprie emissioni di gas climalteranti. È quanto emerge dalla ricerca “L’impegno delle aziende italiane per il net-zero” realizzata da Ipsos e dal Network italiano del Global Compact delle Nazioni Unite (Ungc), la più grande iniziativa di sostenibilità d’impresa al mondo.
La ricerca è stata presentata al padiglione Italia della Cop28 a Dubai.
L’88% delle imprese italiane riconosce che la sostenibilità dovrebbe orientare tutte le scelte aziendali, ma al tempo stesso solo una su 10 afferma di avere “molto chiaro” il concetto stesso di sostenibilità, indica il rapporto. Il 64% ha già
definito un programma di contrasto al cambiamento climatico (contro una media nazionale del 22%) e otto aderenti su 10 calcolano le proprie emissioni (contro una media nazionale di un’impresa su dieci).
Il ministro Pichetto, introducendo la ricerca, ha affermato che “a valle dell’impegno già in essere delle grandi aziende,
l’obiettivo è integrare le piccole e medie in un percorso di transizione industriale nazionale: questo dovrà tenere conto di misure a supporto che riguardano l’accesso alla finanza e le agevolazioni, il tema delle competenze tecniche e la
competitività nel lungo periodo”. I dati della ricerca ci dicono che “tra le aziende italiane c’è ancora molto da fare, il rapporto tra chi ha adottato un piano sul clima e chi non lo ha fatto è di uno a cinque, decisamente basso considerato il peso della nostra economia”, ha spiegato Marco Frey, presidente Ungc Italia osservando che “il ruolo del settore privato è cruciale, ma è necessario sviluppare e implementare iniziative di supporto che possano guidare le imprese nell’ambizioso percorso verso il net-zero”. Per Daniela Bernacchi, direttore esecutivo Ungc Italia “non c’è dubbio che nel mondo aziendale esista una forte consapevolezza del tema ambientale”.

Significativo il dato che emerge dalla ricerca rispetto ai freni all’impegno ambientale. Per il 34% delle aziende si tratta di limiti economici che non consentono di fare investimenti adeguati, per il 27% di freni burocratici e per un altro 27%
pesa la mancanza di figure professionali competenti. Quanto alle risorse umane dedicate alla definizione di obiettivi di riduzione delle emissioni nelle aziende che non hanno sottoposto i propri target a validazione, nel 34% delle imprese è oggi presente una persona o un team che se ne occupa, mentre il 41% preferisce affidarsi a consulenti esterni.
Dalla ricerca emerge ancora che è nella moda, nel food e nelle utilities che si riscontrano i livelli di conoscenza
maggiori. Mentre nelle costruzioni (settore ad alto impatto in termini di emissioni), le conoscenze sono piuttosto sommarie e poco diffuse. Automotive e utilities risultano i settori più consapevoli del valore in termini di competitività e reputazione dell’adozione di comportamenti sostenibili da parte delle aziende. Per quanto riguarda invece l’impegno e le iniziative ambientali, è sempre il settore delle utilities quello impegnato in modo più assiduo e strutturato, sia in iniziative di contrasto al cambiamento climatico, che in iniziative di sensibilizzazione interne rivolte alla propria popolazione aziendale. Il retail, al contrario, risulta il settore più indietro.

Stefania Losito

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