
Dazi su auto, farmaci e chip: il presidente degli Stati Uniti Donald Trump cambia idea e frena. Il 2 aprile, dunque, data in cui dovrebbero scattare le imposizioni fiscali, sarà un po’ meno “Liberation Day”, come lo ha ribattezzato proprio il tycoon. Per i tre settori, i dazi potrebbero essere più morbidi o rinviati. Resta l’idea di imporre quelli reciproci ai 15 paesi con cui gli Usa hanno il peggior squilibrio commerciale, tra cui Ue e Russia, i cosiddetti “dirty 15”, “gli sporchi quindici”, citazione dal film del 1967 “Quella sporca dozzina”. “I dazi creano ostacoli ai mercati e penalizzano i prodotti di qualità: questo per noi è inaccettabile”, ha commentato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ammonendo l’europa: “L’Ue ha la forza per interloquire con calma e autorevolezza e contrastare una scelta
così immotivata”, ha chiarito il capo dello Stato.
L’ipotesi, trapelata su Bloomberg e Wall Street Journal, ha ridato slancio alla Borsa di New York che – a differenza di quelle europee – è rimbalzata dopo quattro settimane di perdite tra timori di guerre commerciali, crescita dell’inflazione e raffreddamento delle stime di crescita. In una riunione di governo poi il presidente ha detto che annuncerà in un prossimo futuro tariffe su automobili, alluminio e prodotti farmaceutici, tutti prodotti che vuole made in Usa per fronteggiare eventuali emergenza, guerre comprese, ma non ha indicato una data.
Il tycoon ha già sospeso i dazi per un mese nel mercato nordamericano su richiesta delle tre Big (Gm, Ford e Stellantis). Se le tariffe sull’automotive fossero sospese, ne beneficerebbero in particolare la Germania e anche l’Italia, come principale subfornitore del settore tedesco. Hyunday non dovrà pagare alcuna tariffa: questo lo ha ben chiarito successivamente Trump, dopo aver annunciato l’investimento di 20 miliardi di dollari in Usa da parte della casa automobilistica sudcoreana.
Intanto, le auto di Musk perdono appeal. Le vendite europee di auto elettriche Tesla sono calate del 49% in gennaio e febbraio rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, ha fatto sapere Acea, l’Associazione dei costruttori europei di automobili. I modelli obsoleti sono uno dei fattori alla base del crollo finora registrato quest’anno, ma potrebbe essere in atto una protesta contro il miliardario proprietario dell’azienda Elon Musk, diventato un sostenitore chiave del presidente americano Trump, finito a capo del Doge, il dipartimento dell’efficienza amministrativa degli Usa. Diverse
concessionarie Tesla negli Stati Uniti sono state vandalizzate nelle ultime settimane e il prezzo delle azioni della società è crollato nell’ultimo mese.
Le nuove immatricolazioni Tesla nell’Ue sono scese a 19.046 nei primi due mesi dell’anno, dando alla società una quota di mercato di appena l’1,1%, ha affermato l’Acea. Solo a febbraio, le immatricolazioni Tesla sono diminuite del 47%, a 11.743. Il calo è avvenuto nonostante le vendite complessive di veicoli elettrici siano aumentate del 28,4% nei primi due mesi di quest’anno a 255.489, per una quota di mercato Ue del 15,2%.
Stefania Losito