Da ora in poi “faremo di più e meglio”. È disgelo, all’Eliseo, tra Emmanuel Macron e Giorgia Meloni alla sua prima visita a Parigi da premier. Le divergenze, ammette con pragmatismo il presidente francese, ci sono state e ci saranno ma i legami tra Italia e Francia sono tanti e tali, “una storia più profonda di noi”. E gli “interessi delle nazioni”, dice anche la premier, vengono prima di tutto. Quindi ora è il momento di “collaborare”, di andare avanti sui dossier, dal patto di stabilità alla Tunisia, su cui è più facile trovare “convergenza”. Di convergenze su sfide comuni parla l’Eliseo, anche se sull’Expo 2030 le strade di Roma e Parigi divergono con i francesi che puntano sulla candidatura di Riad e Giorgia
Meloni che si appella agli altri paesi per tenere alte le speranze italiane a favore della nostra Capitale.
Macron accoglie la premier non ai piedi della scalinata ma nei giardini dell’Eliseo, poi un quarto d’ora di dichiarazioni alla stampa e un bilaterale che era previsto di un’ora e invece dura molto di più. Nelle intenzioni italiane si vuole mettere una pietra sopra gli scontri e le incomprensioni dei primi mesi. “Non è un nuovo inizio”, minimizza la premier, i
rapporti sono sempre stati concentrati “sui contenuti”, anche perché la politica non è “una relazione tra ragazzini che
litigano e fanno pace”. E “l’amicizia” tra Italia e Francia, suggellata dal Trattato del Quirinale, dice Macron citando anche
la recente visita del presidente della Repubblica Mattarella, è quella “che mi interessa prima di tutto, quella che permette talvolta di far vivere le controversie, i disaccordi, ma in un quadro sempre rispettoso perché si iscrive in una storia più grande e profonda di noi”. Sui migranti non si entra nel dettaglio ma le parole che i due usano sono simili, concentrate su quella “difesa dei confini esterni” che è la richiesta portata avanti dall’Italia. E Macron spende parole di chiaro apprezzamento sulla postura dell’Italia nei confronti dell’aggressione russa a Kiev (“grazie per la tua grande chiarezza sull’Ucraina”). E l’intesa si può trovare anche sul Patto di Stabilità, per fare asse contro il rigore di Berlino (“siamo d’accordo che i parametri oggi sono inadeguati” e che gli investimenti “strategici non vanno trattati come gli
altri”). Il colloquio però rimane sempre sui grandi temi, non si parla degli interessi di Vivendi in Italia e nemmeno di Tav,
anche se gli sherpa, assicura, su questo stanno lavorando perché è fondamentale “procedere velocemente”.
Stefania Losito