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Governo, la firma del primo Def: crescita dell’1%, deficit al 4,5%. Migranti: vertice al Viminale, è stretta sulle norme


Oggi il Consiglio dei ministri si riunisce per approvazione e firma del primo Def (Documento economico-finanziario, ndr) firmato Meloni-Giorgetti. Secondo le nuove stime del Governo, la crescita programmatica centrerà nel 2023 il rialzo dell’1% e il deficit si attesterà al 4,5%.

Il documento di programmazione economica di fine novembre scorso formulava una proiezione su quel dato a +0,6%. Il rapporto deficit/Pil invece si attesta al 4,5%. Per il 2024, invece, il Def stima una crescita del +1,4% del Pil programmatico (nel Dpb era +1,9%) mentre il deficit si attesta oltre il 3%.
I tecnici del ministero dell’Economia hanno lavorato nelle ultime settimane sul documento di economia e finanza tenendo conto delle indicazioni di massima prudenza sulle stime visto il quadro macroeconomico, caratterizzato dalla grande incertezza per le tensioni globali innescate dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, con il successivo rialzo dei prezzi, a partire da quelli dell’energia, che ha portato ad alti livelli di inflazione.
Altro dato chiave del documento atteso in Cdm e’ la previsione sulla crescita: il Pil tendenziale 2023 (che analizza la
situazione al netto delle manovre di finanza pubblica) si attestera’ allo 0,9%, una cifra rivista al rialzo rispetto a quanto scritto nel Dpb che stimava una “perdita di slancio dell’attivita’”, con la crescita “rivista al ribasso” allo 0,6%”. Mentre il rapporto deficit/Pil tendenziale per il 2023 sarà del 4,35%.
Un trend in crescita che viene confermato da Bankitalia, che nell’ultimo bollettino economico, osserva: “secondo i nostri modelli, in Italia l’attivita’ economica sarebbe leggermente aumentata nel primo trimestre del 2023, sostenuta dal settore manifatturiero, il quale beneficia della discesa dei corsi energetici e dell’allentamento delle strozzature lungo le catene di approvvigionamento”.

Settimana decisiva anche per le nomine delle grandi partecipate pubbliche: entro giovedì devono essere presentati i nomi dei nuovi vertici di Enel, Eni, Leonardo, Poste e Terna. Ed è tensione nella maggioranza.

Riprende intanto oggi pomeriggio in commissione Affari costituzionali al Senato l’esame del dl Migranti. In Viminale vertice sugli emendamenti del Governo, che punta a una stretta delle norme: nessun passo indietro, al momento, né generiche riformulazioni del testo. L’esecutivo punterebbe, invece, a rafforzare la stretta annunciata dalla premier Meloni dopo la tragedia calabrese in cui morirono 93 persone, condivisa dalla Lega e apertamente rivendicata dal ministro Matteo Piantedosi. E sceglie di farlo attraverso emendamenti che portino la firma del governo – tutto, non solo di una parte – forse anche per dare un segnale di compattezza della maggioranza oltre i confini nazionali.

Il Governo sta lavorando sulla protezione speciale che agisce sui richiedenti asilo e sui rimpatri degli irregolari perché siano un vero deterrente contro gli arrivi di migranti in Italia.
Dopo il confronto al Viminale la parola passerà – alle 18 – alla commissione Affari costituzionali del Senato. Molteni ha
già spiegato che i nuovi emendamenti serviranno “per affrontare le ulteriori questioni emerse dopo l’emanazione del decreto, tenuto conto della particolare rilevanza del flusso migratorio in atto”. Come riferiscono fonti vicine a chi segue il dossier, saranno poche correzioni al decreto, quasi chirurgiche, ma capaci di rafforzare la linea ‘stop partenze’ e lotta agli scafisti. A maggior ragione con l’aumento di barchini sulle coste italiane negli ultimi giorni, e che non si fermeranno nei prossimi mesi. Sul piede di guerra le opposizioni, schierate al Senato con un centinaio di emendamenti e protagoniste di una protesta, giorni fa, contro una riformulazione del governo introdotta per garantire i rimpatri dei migranti arrivati illegalmente, in cambio di maggiori quote del decreto flussi con i Paesi interessati.
A primo acchito gli emendamenti del governo sembrerebbero fare a pugni con quelli già proposti dalla Lega (21 in tutto e che l’ex Carroccio non intende ritirare). In realtà il grosso delle modifiche targate Lega non verranno toccate – assicurano più fonti – ma saranno limate dal punto di vista tecnico-formale e messe in ordine. Ad esempio resteranno le limitazioni per ottenere la protezione speciale ma probabilmente, in alcuni casi, saranno più rigide rispetto a oggi. Potrebbe saltare, invece, la proposta della Lega di creare una struttura di missione, chiamata proprio ‘Struttura’ e attiva al ministero dell’Interno “con compiti consultivi e di indirizzo” per l’integrazione dei migranti. Il rischio – si ragiona in ambienti di maggioranza – è che sia ridondante rispetto a quel che esiste già e funziona. Così come potrebbe non essere necessario un ritocco sul prolungamento dei tempi di detenzione all’interno dei Cpr. Lo chiede la Lega, passando dagli attuali 90 giorni prorogabili per altri 30, a 180 giorni prorogabili di 30.

Stefania Losito

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