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Inchiesta Covid nella Bergamasca, Crisanti: “Si conosceva già da giorni della situazione di vulnerabilità in cui si trovava l’Italia”

Già diversi giorni prima del paziente 1, e quindi dal 12 febbraio 2020, si conosceva “la situazione di vulnerabilità in cui si trovava l’Italia” di fronte al Covid. E’ parte del contenuto della relazione del microbiologo Andrea Crisanti agli atti dell’inchiesta sulla gestione della pandemia in Val Seriana, in cui tra gli indagati ci sono fra gli altri l’ex premier Conte e l’ex ministro Speranza.
Secondo la relazione, inoltre, nei giorni 27 e 28 febbraio 2020 si avevano tutte le informazioni sul contagio che dimostravano come lo scenario fosse “di gran lunga peggiore di quello ritenuto catastrofico”. E sulla base delle previsioni dello scenario con Rt=2 si sarebbe condivisa la decisione di secretare il piano Covid, “per non allarmare l’opinione pubblica”.

All’ospedale di Alzano Lombardo il Covid circolava già dal 4 febbraio 2020, più di due settimane prima della data del caso di Paziente 1, con tre pazienti infetti ricoverati nel reparto di medicina al terzo piano e uno nel reparto al secondo piano “con un quadro clinico compatibile con infezione da Sars-Cov2 poi confermata con tampone molecolare”, si legge ancora nella relazione di Crisanti.

“Conte, senza una relazione strutturata, non chiude i due comuni. Pensa che se non c’è una differenza con altri comuni ha un costo enorme senza beneficio”. Lo scriveva, nei primi giorni di marzo 2020, l’allora ministro della Salute Roberto Speranza in un messaggio inviato al direttore dell’Iss Silvio Brusaferro. Si legge anche questo nella relazione agli atti
dell’inchiesta bergamasca sul Covid, nella quale si dà così conto delle “riserve del premier Conte ad adottare provvedimenti di zona rossa” in particolare ad Alzano e Nembro. Sostanzialmente per Crisanti “non prevalse l’esigenza di proteggere la popolazione”. “Conte – spiega il microbiologo – frenò per il costo politico ed economico della zona rossa”.

Il 24 febbraio 2020 “il Cts evidenziava che in assenza di sintomi il test era ingiustificato” parlando del rischio di “una ‘sovrastima del fenomeno sul Paese'”. Una indicazione che “avra’ gravi conseguenze invece per comprendere cosa stava realmente accadendo”, perche’ il “conteggio dei casi asintomatici” avrebbe dato “informazioni cruciali sull’entità della diffusione” del Covid. Nella consulenza, il microbiologo riporta una mail su questo tema del 24 febbraio, inviata da un professore dell’Imperial College di Londra e arrivata a membri del Cts, che non fu presa “in debita considerazione”. 

Nel documento depositato in Procura a Bergamo, si legge anche che, per “sopperire” alla carenza di mascherine chirurgiche e di Ffp2, nei giorni successivi al 23 febbraio 2020, agli operatori sanitari dell’ospedale di Alzano Lombardo e’ stato suggerito e data l’autorizzazione “a utilizzare le mascherine dei kit anti-incendio presenti” nei reparti. Dalle chat risulta che il personale “e’ stato istruito a riutilizzare” le Ffp2, “procedura contraria a ogni principio di sicurezza e prevenzione”.

Stefania Losito

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