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La fiaccolata per Giulia e i momenti di raccoglimento in tutto il Paese. Turetta in carcere in Germania, la nota della Procura

“Turetta viene spesso definito come mostro, invece mostro non è. Un mostro è un’eccezione, una persona esterna alla società, una persona della quale la società non deve prendersi la responsabilità. E invece la responsabilità c’è. I ‘mostri’ non sono malati, sono figli sani del patriarcato, della cultura dello stupro”. Affida al Corriere della Sera i suoi pensieri, Elena Cecchettin, la sorella di Giulia, 22 anni, di Vigonovo, nel Veneziano, sequestrata e uccisa dall’ex fidanzato coetaneo Filippo Turetta, arrestato dopo una fuga di otto giorni in Germania. “Non provo rabbia, non provo nulla. Io penso alla mia Giulia che per me ormai non c’è più”, ha commentato il papà della vittima, Gino, uscendo di casa.


Durante la fiaccolata di ieri sera il papà di Filippo, Nicola Turetta, ha avvicinato due parenti di Giulia Cecchettin esponendogli il proprio cordoglio e turbamento. All’incontro ha assistito il legale di Filippo, Emanuele Compagno, che lo ha riferito oggi. “Il padre di Filippo ha partecipato con me alla fiaccolata e in quell’occasione ha avvinato alcuni parenti di Giulia. Un incontro privo di formalismi – racconta – che dimostra ancora la vota la grande dignità dimostrata in questa vicenda dalle due famiglie, tutto si è svolto nel rispetto reciproco, così come nei giorni precedenti ed anche dopo il ritrovamento di Giulia”. “Non ho sentito Filippo e neppure chi lo assiste in Germania. Per l’estradizione siamo nel campo delle ipotesi, se ci sarà il rispetto della procedura, e non accelerazioni, ci vorranno una decina di giorni”, ha poi spiegato ai giornalisti Compagno, che ha riferito di non aver visto gli atti e il fascicolo con il capo di imputazione
“quindi – ha precisato – non faccio commenti. Filippo, assistito da un altro legale, deve essere sentito in Germania per motivi esclusivamente procedurali, non credo che i genitori lo vadano a trovare così, se non necessario, neppure io andrò in Germania”. “Sappiamo che Filippo è stato trovato in grande sofferenza, scosso dalla vicenda – sottolinea Compagno – possiamo scervellarci per cercare di capire cosa è passato per la mente di questo ragazzo, ma resta solo il fatto che è stato descritto come un giovane modello, magari insistente nei modi con Giulia ma come lo sono, anche con la messaggistica, i ragazzi di oggi”.

Intanto è atteso forse per domani, il parere dell’Oberlandesgericht di Naumburg, il Tribunale regionale superiore, sull’estradizione di Turetta. Il presunto omicida di Giulia è stato arrestato sabato sera dalla polizia tedesca mentre si trovava sull’autostrada A9 nei pressi di Lipsia in Germania dopo una fuga di circa mille chilometri. Ha trascorso
la prima notte nel carcere di Halle (Saale), assistito dall’avvocato tedesco Dimitar Krassa con studio in Maybachstrasse. Nel corso dell’udienza di ieri di convalida dell’arresto su mandato europeo, Turetta si è detto favorevole all’estradizione in Italia. I tempi dovrebbero essere brevi ma non immediati. “Nessun commento”, ha detto il portavoce dell’Oberlandesgericht ai giornalisti che chiedevano informazioni sui tempi e sulle procedure per l’estradizione. Henning Haberland, non ha voluto aggiungere altro e ha rimandato ad eventuali comunicati stampa. Su un tabellone
elettronico all’ingresso del Tribunale, come ha constatato l’Ansa sul posto, c’è un ordine del giorno con una lista di tre
appuntamenti, nessuno dei quali è in relazione al caso di Turetta.
Turetta “non è stato interrogato, perché per essere interrogato bisogna che si nomini un difensore. Dobbiamo interrogarlo, ma questo potrà essere quando viene consegnato”, ha specificato da Venezia il procuratore capo, Bruno Cherchi. “Se i tempi della procedura tedesca fossero lunghi – ha aggiunto Cherchi – potremmo pensare di andare a sentirlo in Germania. Però questo lo vedremo nei prossimi, dunque fino a quando è nella disponibilità della polizia tedesca”. 

“Era chiaro che questa fuga non poteva durare più di tanto, proprio perché si tratta di un soggetto non inserito in ambiti di criminalità organizzata, per cui gli appoggi esterni, anche se ci fossero stati, sarebbero stati limitati e infatti è andata è andata esattamente così. Non si è costituito ma è stato prontamente individuato”, ha riferito ancora ai giornalisti il procuratore capo di Venezia.

Adesso il capo d’imputazione, dopo il ritrovamento del corpo di Giulia, si è trasformato da tentato omicidio a omicidio.

Oltre al reato di omicidio, previsto dall’articolo 575 del codice penale, la magistratura contesta l’aggravante dell’uso di ‘mezzo insidioso’, prevista dall’articolo 577 secondo comma. Infine, vi è anche l’ipotesi di reato di sequestro di persona, prevista dall’articolo 605 del codice. Lo precisa in una nota la Procura della repubblica di Venezia, sottolineando che “il ritrovamento del corpo di Giulia Cecchettin ha modificato i fatti e, quindi, il loro inquadramento in una fattispecie di reato diversa rispetto a quella contestata in precedenza al Turetta. L’arresto di quest’ultimo, a seguito dell’emissione del mandato europeo da parte della polizia tedesca, ha poi posto un punto fermo nelle indagini”.

L’autopsia e gli altri accertamenti irripetibili sull’omicidio di Giulia Cecchettin “saranno, in parte, scanditi dai tempi derivanti dagli atti di rogatoria che sono in corso di predisposizione” vista “la presenza in territorio estero dell’indagato”. Gli accertamenti – precisa la nota della Procura di Venezia – prevedono “la necessaria partecipazione” di Filippo Turetta. “Solo all’esito delle consulenze tecniche e degli ulteriori approfondimenti – conclude la nota – potrà essere meglio chiarito lo sviluppo dei fatti e quindi il più preciso inquadramento giuridico”.

“Dobbiamo ancora valutare i dati di fatto – ha aggiunto – e questo potrà essere fatto solo dopo l’autopsia e dopo gli altri accertamenti tecnici irripetibili, che quindi potranno essere disposti, non fatti, solo dopo che saranno notificate le richieste all’indagato”. Sulla possibile contestazione della premeditazione “noi non ipotizziamo niente. Non possiamo fare ipotesi e costruire dalle conseguenze, bisogna fare il contrario: dai dati di fatto si costruisce una specie di metodo scientifico. Tutti i particolari servono solamente a creare ulteriori tensioni e ulteriori problemi. Adesso la macchina è ancora in Germania. Quando avremo la macchina qua potremo fare una valutazione, su questo e su tutte le altre cose, e soprattutto – ha concluso – metterle tutte insieme per capire come si sono dipanati gli avvenimenti”. 

Intanto Cherchi chiarisce che Filippo Turetta “ha diritto come tutti gli indagati di essere trattato in maniera serena,
obiettiva, da parte non solamente della procura, che garantisce i diritti di tutti quanti in questa fase, ma anche da parte
dell’opinione pubblica che deve frenare un momento questa partecipazione emotiva, che può creare e che sta creando,
difficoltà non alle indagini ma alle persone coinvolte, ai genitori dell’indagato”.

Giulia doveva laurearsi giovedì scorso, il suo cognome, Cecchettin, era il primo nell’elenco. Era la prima studentessa attesa alle 8 e mezza per la discussione della tesi di laurea in Ingegneria biomedica all’Università di Padova, dove, assicura la rettrice Maddalena Mapelli, “la laurea ci sarà, ci sarà di sicuro”. “Ma questo – ha aggiunto – è il momento di rispettare il dolore dei famiglia, del papà e dei fratelli di Giulia. Quando sarà il momento contatteremo la famiglia per una cerimonia con le tempistiche e le modalità che la famiglia vorrà accettare”.

Centinaia di studenti si sono radunati stamani nel cortile del corso di laurea in Ingegneria frequentato da Giulia per un flash mob rumoroso contro i femminicidi in Italia. Alla manifestazione è stato presenta anche il direttore di Dipartimento, il Gaudenzio Meneghesso, mentre nelle aule l’inizio delle lezioni è stato introdotto da un minuto di
silenzio. Presenta anche Emma Ruzzon, presidente del Consiglio degli studenti, secondo cui “dobbiamo riconoscere la matrice di questa morte. Quello di Giulia Cecchettin è un femminicidio, serve avere il coraggio di riconoscere che il sistema in cui siamo è intriso di una profonda e radicata cultura dello stupro. Soprattutto però, deve arrivare l’impegno delle Istituzioni, dello Stato, della Scuola e delle Università”. Sempre a Padova, la Rete degli Studenti ha organizzato
l’esposizione di striscioni nelle scuole superiori della città, tra cui il liceo Tito Livio, frequentato da Giulia: “Che questa
scuola possa cambiare, perché sia davvero l’ultima”, recitano.

Stefania Losito

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