Rinviano la programmazione per ottemperare alla decisione dei giudice di Taranto ma annunciano ricorso. Lo rendono noto i legali della casa di produzione Groenlandia e la piattaforma on demand Disney+, che avrebbe dovuto trasmettere dal 25 ottobre la serie tv intitolata “Avetrana – Qui non è Hollywood”, precisando che “le parti non concordano con la decisione del Tribunale e faranno valere le proprie ragioni nelle sedi competenti”.
Nelle scorse ore il Tribunale di Taranto aveva accolto in sede cautelare il ricorso d’urgenza del sindaco di Avetrana, Antonio Iazzi, che chiedeva lo stop alla serie ritenendo il titolo lesivo dell’immagine della città e dei cittadini, al centro dell’esposizione mediatica, a più riprese, da 14 anni.
La serie tv, firmata dal regista pugliese Pippo Mezzapesa, parla dell’omicidio di Sarah Scazzi, la 15enne di Avetrana uccisa e gettata in un pozzo il 26 agosto del 2010. All’ergastolo sono state condannate in via definitiva Sabrina Misseri e Cosima Serrano, cugina e zia della vittima, mentre è stato scarcerato nel febbraio scorso dopo aver scontato 8 anni di carcere lo zio, Michele Misseri, accusato di soppressione e occultamento di cadavere. Una volta tornato in libertà, l’uomo ha rilasciato diverse interviste televisive tornando ad autoaccusarsi del delitto, così come fece quando fu arrestato e consentì nell’ottobre di 14 anni fa il ritrovamento del corpo in contrada Mosca.
Il primo cittadino, attraverso un pool di legali, chiedeva “la rettifica della denominazione” della serie tv e la sua “sospensione immediata”. Secondo Iazzi, “l’Autorità giudiziaria si è mostrata sensibile al pregiudizio che potrebbe
patire la comunità avetranese, in virtù della denominazione della serie tv, sulla scorta del fatto che tale intitolazione
potrebbe indurre gli utenti del prodotto cinematografico ad associare la città di Avetrana alla vicenda di cronaca nera,
suscitando negli stessi l’idea di una comunità potenzialmente criminogena, retrograda ed omertosa”.
Il giudice ha fissato l’udienza di comparizione delle parti per il 5 novembre.
Intanto arriva la reazione delle associazioni delle case di produzione Anica e l’Associazione Produttori Audiovisivi-Apa, che esprimono “la più viva sorpresa per la decisione senza precedenti”, espressa dal Tribunale di Taranto. “Il blocco preventivo della serie, ancora inedita, appare come una grave lesione di quel principio di libertà di espressione chiaramente tutelato anche a livello costituzionale e che deve essere garantito al racconto audiovisivo italiano. Guardate le nostre serie, giudicatele, ma non chiedetegli di non esistere solo perché raccontano la realtà” afferma Chiara Sbarigia, presidente dell’Associazione Produttori Audiovisivi.
“Obbligare le opere audiovisive a non fare riferimenti alla cronaca e alla realtà è un pericoloso precedente. I titoli basati su fatti realmente accaduti sono una costante della storia del cinema, indipendentemente dalle opinioni del pubblico o dei protagonisti sui fatti trattati, se si mantiene il rispetto verso le comunità coinvolte: esplorare la realtà aiuta a esercitare il senso critico dello spettatore. La libertà di espressione nel nostro paese è garantita dalla Costituzione, e la comunità dei produttori non vuole svegliarsi in un mondo dove questa libertà non è più agibile” sottolinea Benedetto Habib, presidente dell’Unione Produttori di Anica.
Gli autori non prendono posizione riguardo al risultato delle sentenze, né le mettono in dubbio: la serie racconta infatti quanto emerso dagli atti processuali.
Stefania Losito