E’ diretta la premier Giorgia Meloni mentre scrive di getto, da Pechino, alla presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Leyen, a proposito della Relazione della Commissione sullo stato di diritto dell’Ue e in particolare sulla libertà di informazione sul servizio pubblico radiotelevisivo, per fare chiarezza sull’ipotesi che “che in Italia sarebbe a rischio lo stato di diritto, in particolare con riferimento alla libertà di informazione e al servizio pubblico radiotelevisivo”. Certa stampa ha “distorto a uso politico” e per la prima volta i contenuti “nel tentativo di attaccare il Governo italiano”.
La presidente del Consiglio assicura che non c’è stata “nessuna interferenza sulla governance Rai”. E chiarisce che nelle sue parole non c’è nessun collegamento con quelle pronunciate dal Presidente Mattarella durante la cerimonia del
Ventaglio sulla libertà di informazione e sull’indipendenza in particolare del servizio pubblico. Meloni respinge con sdegno “il fatto che il sistema di governance della RAI non garantirebbe la piena indipendenza del servizio pubblico, che sarebbe soggetto ad un’eccessiva ingerenza politica”. E chiarisce ancora che la riforma che disegna l’attuale sistema di governance della Rai non l’ha fatta il suo governo, ma quello di Matteo Renzi nel 2015, quando il Pd era partito di maggioranza relativa. “Con la contrarietà delpartito da me guidato (Fratelli d’Italia)” che “quella norma
l’ha subita” e semmai ne è stato sfavorito per decenni, sottolinea la premier.
Dalla Cina, dove la presidente del consiglio sta chiudendo una serie di intese economico-commerciali, attacca e si difende. Gli attuali vertici Rai li ha selezionati il governo di Draghi “con Fratelli d’Italia unico partito di opposizione che si è reputato allora di escludere perfino dal Consiglio di Amministrazione della Rai”. “L’attuale Governo e la maggioranza parlamentare che lo sostiene non si sono ancora avvalsi della normativa vigente per il rinnovo dei vertici aziendali – spiega a Von der Leyen – gli attuali componenti del CdA della RAI, come ricordato, sono stati nominati nella scorsa
legislatura da una maggioranza di cui Fratelli d’Italia non era parte, non si comprende dunque come si possa imputare a questo Governo una presunta ingerenza politica nella governance della RAI”. Sulle nomine del nuovo Cda, peraltro, ancora non c’è una convocazione del Parlamento, anche perché ancora non sarebbe stata raggiunta una intesa con gli alleati.
Poi replica sull’altra questione, quella che riguarda l’emorragia di conduttori e giornalisti verso altre testate: nessun cambio di linea editoriale ma”normali dinamiche di mercato”. “Alcuni di questi conduttori hanno lasciato la Rai prima dell’arrivo del nuovo Amministratore delegato e altri hanno deciso di percorrere nuove esperienze professionali o editoriali, pur avendo l’azienda confermato i loro spazi di presenza nei palinsesti”, precisa Meloni.
E’ un fiume in piena la premier, e nella lettera intende anche spiegare che le norme sulla par condicio sono state esattamente quelle valide per le passate competizioni elettorali, quando “tutti i governi in carica hanno potuto legittimamente continuare ad informare i cittadini sulla loro attività, senza che l’informazione istituzionale rientrasse nel conteggio dei tempi della par condicio, così come previsto dalla legge vigente”.
“Da parte del Governo italiano – chiosa Giorgia Meloni – confermo ogni sforzo per assicurare in Italia e in Europa il pieno rispetto dei valori fondanti alla base dell’Unione Europea e l’assiduo impegno a far progredire l’Italia nell’ambito della libera informazione, del contrasto alle fake news e del pluralismo del servizio pubblico radio televisivo, dopo decenni di sfacciata lottizzazione politica”.
Alla lettera replicano dure le opposizioni, a partire dal Pd che parla di “vittimismo”. “Se tutta l’Europa e almeno mezza Italia – ha detto il capogruppo in Vigilanza, Stefano Graziano – condanna la faziosità della Rai meloniana sarebbe bene che il governo desse ascolto. A furia di andare contromano si va a sbattere. E il guaio in questi casi è che ci rimettono anche gli altri”. Il Movimento 5 Stelle, con il capogruppo in Commissione di Vigilanza Rai, Dario Carotenuto chiede ora una riforma della governance Rai in linea con l’Ue. “Qualcuno spieghi a Meloni – precisa – che c’è un Regolamento Europeo vincolante per l’Italia che impone al nostro Paese di modificare profondamente la legge sulla governance della Rai. Il M5S ha messo da tempo sul piatto una proposta, gli Stati generali, per fare proprio questo in maniera condivisa. Si assuma dunque l’impegno a partecipare ad un tavolo che oltre ai nuovi stringenti vincoli europei, guardi
al futuro e alla sopravvivenza del servizio pubblico e della più importante azienda culturale del Paese. Tutto il resto sono parole che si porta via il vento triste della sua propaganda”.
Stefania Losito