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Mafia, sigilli ai beni degli eredi del boss garganico ucciso in un agguato. Il valore è di 700mila euro accumulati in 20 anni

I finanzieri di Bari, con il supporto dei carabinieri dei Ros, hanno sequestrato beni per 700mila euro agli eredi di Pasquale Ricucci, boss della mafia garganica ucciso in un agguato sotto casa sua a Monte Sant’Angelo, nel Foggiano, l’11 novembre 2019.

Ricucci sarebbe stato riconosciuto quale soggetto connotato da una pericolosità sociale qualificata, tenuto conto del ruolo di vertice del clan Ricucci-Lombardi-Romito. In particolare, alla luce delle condanne definitive e delle numerose indagini in cui e’ stato coinvolto, ha svolto un ruolo apicale nell’ambito dell’associazione di stampo mafioso, in seno alla quale ha manifestato una particolare capacita’ intimidatoria verso quanti operavano nel settore agricolo e dell’allevamento del bestiame. Inoltre, Riccui si sarebbe reso responsabile di furto, ricettazione, truffa ed estorsione. Le indagini svolte dai carabinieri tra il 1999 e il 2021 hanno consentito di ritenere che i proventi ed i frutti delle attivita’ illecite condotte dal destinatario del provvedimento siano stati reimpiegati per l’acquisto dei beni oggetto del sequestro.

Le risultanze emerse sono state documentate gia’ nell’indagine “Omnia Nostra”, condotta dal Raggruppamento Operativo Speciale Carabinieri, che nel dicembre 2021 ha portato all’esecuzione di una misura cautelare nei confronti di 32 persone. Nel corso di quelle indagini e’ stato documentato il ruolo apicale, con compiti di capo e promotore, del soggetto interessato dalla misura, fino al periodo della sua morte. Le fiamme gialle baresi hanno acquisito copiosa documentazione, tra cui i contratti di compravendita dei beni, nonche’ numerosi altri atti pubblici che hanno interessato nel tempo l’intero nucleo familiare investigato, verificando poi, per ogni transazione, le connesse movimentazioni finanziarie sottostanti alla creazione della provvista economica. Il materiale cosi’ raccolto e’ stato
oggetto di circostanziati approfondimenti investigativi che hanno consentito di accertare che l’uomo, al momento del
decesso, aveva disponibilita’ di un complessivo valore sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati dal medesimo e dai
soggetti con lui conviventi, rendendo fondata e concreta la convinzione che i beni, oggi oggetto di apprensione,
costituiscano frutto/reimpiego dell’attivita’ delittuosa svolta sia prima che dopo i relativi acquisti.

L’esecuzione del provvedimento, spiegano gli inquirenti, rappresenta l’epilogo di complessi accertamenti, ai sensi della normativa antimafia che consente l’adozione di misure patrimoniali anche quando il soggetto destinatario della loro applicazione muoia prima dell’instaurazione del procedimento di prevenzione nei confronti dei successori a titolo universale, la cosiddetta proposta post mortem.

Stefania Losito

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