Le organizzazioni criminali di tipo mafioso preferiscono sempre più le strategie di silenziosa infiltrazione e azioni corruttive e intimidatorie all’uso della violenza. È quanto scrive la Direzione investigativa antimafia (Dia) nella sua ultima Relazione semestrale, sottolineando come oggi le mafie preferiscano “rivolgere le proprie attenzioni ad ambiti affaristico-imprenditoriali, approfittando della disponibilità di ingenti capitali accumulati con le tradizionali attività illecite”. Attraverso questo ‘modus operandi’, si legge ancora, “si cerca sia di rafforzare i vincoli associativi mediante il perseguimento del profitto e la ricerca del consenso approfittando della forte sofferenza economica che caratterizza alcune aree, sia di stare al passo con le più avanzate strategie di investimento, riuscendo a cogliere anche le opportunità offerte dai fondi pubblici nazionali e comunitari (Recovery Fund e Pnrr)”.
Anche il secondo semestre del 2022, continua il documento, appare, in continuità con i precedenti, caratterizzato da “un limitato ricorso alla violenza o ad atti eclatanti”, con la sola eccezione di “taluni episodi cruenti registrati nel territorio napoletano e pugliese”. La Dia evidenzia come, “assieme alle mai sopite e più visibili attività criminali quali il narcotraffico, le estorsioni, lo sfruttamento della prostituzione e del lavoro clandestino, si registrano anche sempre più diffusi ambiti illeciti che destano minore allarme e riprovazione sociale, ma che generano ingenti profitti gradualmente immessi nei circuiti legali con conseguenti effetti distorsivi delle regolari dinamiche dei molteplici mercati”.
In Puglia, in particolare, “le diverse costellazioni di clan e di sodalizi, tra loro in altalenanti rapporti di conflittualità e alleanze, proseguono il loro percorso in ascesa verso l’acquisizione di forme imprenditoriali sempre più complesse e strutturate”. Le organizzazioni criminali della regione, infatti, “benché continuino ad esercitare variegate modalità di controllo militare del territorio, sembrerebbero orientarsi verso l’attuazione di un mirato ed evoluto modello di mafia degli affari”. La relazione conferma “il trend in crescita delle mafie pugliesi nella tradizionale distinzione tra mafie foggiane, camorra barese e sacra corona unita”. L’infiltrazione nei circuiti economico-imprenditoriali del territorio, si legge, trae origine dal “considerevole afflusso di capitali illeciti derivanti dal traffico, anche internazionale, di stupefacenti e dagli ingenti profitti discendenti dalla recrudescenza del fenomeno estorsivo, attuate con prevaricanti strategie intimidatorie dalle organizzazioni criminali pugliesi ai danni di attività imprenditoriali e commerciali”. A Bari, invece, la criminalità locale si contraddistingue per “la mancanza di un vertice comune” e per “la presenza di forti tensioni e conflitti tra i vari clan che, periodicamente, sfociano nella commissione di omicidi finalizzati a contrastare le consorterie avversarie”. Citate, in questo senso, le tensioni registrate nel quartiere San Paolo tra gli Strisciuglio e i Misceo-Montani.
Situazione differente in Basilicata, dove invece, secondo la Dia, si conferma il radicamento di sodalizi criminali prevalentemente familistici in un quadro di frammentazione delle organizzazioni e di assenza di un vertice condiviso. La relazione avverte però che sono già in atto alleanze con altri gruppi criminali, soprattutto calabresi e tarantini. I settori ritenuti più a rischio sono l’agroalimentare e il turismo.
Il nuovo fronte, avverte inoltre la Dia, è quello del metaverso, ossia le piattaforme di comunicazione criptate e, in generale su Internet e ‘dark web’. Rispetto al nuovo scenario, si legge, “Europol ha già evidenziato le potenziali criticità” e viene sottolineata la capacità delle organizzazioni criminali di “cogliere celermente le trasformazioni tecnologiche e dei fenomeni economico-finanziari su scala globale”. La Direzione investigativa antimafia raccomanda anche di aumentare la vigilanza su appalti ed erogazioni pubbliche “superando l’idea che la criminalità organizzata sia confinata entro ristretti limiti nazionali” e coinvolgendo tutti gli attori della cooperazione internazionale di polizia e giudiziaria. Assoluta dominatrice della scena criminale, secondo la Dia, rimane la ‘ndrangheta, capace di espandersi in diverse regioni italiane (Lazio, Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Abruzzo e Sardegna), ma anche oltre confine e al di fuori dell’Europa.
Vincenzo Murgolo