Il Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Milano ha sequestrato beni per oltre 2 milioni di euro, per una presunta frode ai danni dell’Unione Europea, nell’ambito di un’inchiesta, coordinata dalla Procura Europea, che vede tra gli indagati anche due società, Veronafiere spa e l’Unione italiana vini società cooperativa (a cui sono intestati i beni sequestrati), “azienda leader nel settore vitivinicolo”. La presunta truffa riguarda “la partecipazione ad un bando europeo” per la “promozione di prodotti agricoli, nel mercato interno e nei Paesi terzi”.
Sono indagate anche tre persone fisiche, ossia l’ad di Unione Italiana Vini, Paolo Castelletti, il direttore finanziario e un consulente della cooperativa. L”ipotesi e’ truffa aggravata “per il conseguimento di erogazioni pubbliche di matrice unionale”. La presunta frode riguarda “l’ottenimento di un finanziamento diretto” di oltre 5 milioni di euro, di cui oltre 2 gia’ erogati, “in due tranche una nel 2018 e una nel 2020 dall’Agenzia Esecutiva dell’Unione Europea per i consumatori, la salute, l’agricoltura e la sicurezza alimentare” ed incassati “dalla cooperativa, in qualita’ di beneficiario-coordinatore del progetto”.
Ci sarebbero stati “illeciti accordi tra la cooperativa” ed “il soggetto esecutore del progetto europeo”, ossia Veronafiere,
volti a consentire alla prima “di vedersi riconosciuto un ingiusto profitto non contemplato dal progetto”, che prevedeva
che il beneficiario avrebbe sostenuto “il 20% dei costi dell’attivita’ oggetto dei sussidi, non maturando quindi alcun
guadagno”.
Il sistema fraudolento, secondo l’accusa, sarebbe consistito “nella pre-individuazione della societa’ che avrebbe svolto il ruolo di implementing body la quale si sarebbe poi agevolmente aggiudicata la successiva procedura di selezione”. Inoltre, le due societa’ hanno anche stipulato “un contratto di servizi enominato ‘Accordo Quadro’, apparentemente indipendente dal progetto ma in realta’ destinato a dissimulare la retrocessione” alla cooperativa “di un importo pari al 35% del costo ammissibile”. Cosi’ le due imprese avrebbero “indotto in errore” l’agenzia dell’Unione Europea riguardo “l’effettiva esistenza di un nesso strutturale e di un conflitto di interessi tra le parti, nonche’ sulla reale destinazione dei fondi erogati”. L’inchiesta e’ nata da esposti presentati alla Gdf di Milano.
Stefania Losito