Il canto corale è associato a una serie di benefici cerebrali e a diversi miglioramenti della salute in etaà avanzata. Questa la conclusione a cui è arrivato uno studio pubblicato sulla rivista Plos ONE, condotto dai ricercatori dell’Universita’ di Helsinki, che hanno valutato piu’ di 160 individui e indagato sugli effetti di far parte di un coro.
“Il canto puo’ alleviare lo stress e migliorare la funzione polmonare – afferma Emmi Pentikainen dell’Universita’ di Helsinki – ma anche implementare la flessibilita’ cognitiva e la capacita’ di passare da un processo di pensiero a un altro”. Il team ha coinvolto 162 partecipanti di eta’ superiore ai 60 anni, due terzi dei quali facevano parte di un coro. A tutti i soggetti sono stati sottoposti questionari su cognizione, umore,
impegno sociale, qualita’ della vita e ruolo della musica nella loro routine quotidiana e alcuni hanno svolto anche test valutativi per la memoria, le abilita’ verbali, le funzioni esecutive e altre capacita’ cognitive. “Coloro che cantavano in coro – riporta l’esperta – hanno riferito un senso di solidarieta’ piu’ marcato, specialmente se l’attivita’ veniva svolta da piu’ di dieci anni, mentre chi si avvicinava al canto corale da poco riportava una salute generale migliore di chi non aveva mai fatto parte di un coro”. Gli autori aggiungono che cantare richiede un’elaborazione versatile delle informazioni, poiche’ combina l’elaborazione di diversi stimoli sensoriali, la funzione motoria correlata alla produzione e al controllo della
voce, l’output linguistico, l’apprendimento e la memorizzazione di melodie e testi, nonche’ l’esperienza emozionale suscitata dai brani cantati.
“Gli anziani che si erano uniti al coro da meno di dieci anni – sostiene la scienziata – hanno riferito di essere piu’ felici della loro salute generale. E’ possibile che decidere di unirsi a un coro piu’ in avanti negli
anni sia legato a una motivazione di volersi mantenere in salute e aderire a uno stile di vita piu’ attivo e sano”. “Le relazioni e le reti sociali derivanti dal far parte di un coro potrebbero essere diventate parte integrante della vita dei partecipanti – sottolinea la ricercatrice – la pandemia da coronavirus,
purtroppo, ha diminuito le possibilita’ di far parte di un gruppo di canto corale”.
“Durante il lockdown, moltissime persone hanno cantato insieme sui balconi o dalle finestre per risollevare l’umore – conclude Pentikainen – cantare stimola diverse aree del cervello contemporaneamente, per cui potrebbe anche consentire ai pazienti con lesioni cerebrali di compensare le problematiche usando altre regioni. Per lo stesso principio, chi soffre della malattia di Alzheimer tende a ricordare piu’ facilmente i testi delle canzoni e associarli a eventi dimenticati, mentre un lavoro del 2019 condotto dagli esperti dell’University College di Londra ha dimostrato che chi fa parte di un coro riesce ad affrontare
meglio la perdita di una persona cara”.
Angela Tangorra