Non ce l’ha fatta Federico Musciacchio, il bimbo di Taranto di 3 anni, affetto da SMA (atrofia muscolare spinale) di tipo 1, la piu’ grave, che aveva ricevuto le cure grazie a una gara di solidarietà per l’acquisto dello Zolgensma, uno dei farmaci salva-vita più costosi al mondo, da oltre 2 milioni di euro.
Suo padre Saverio, confratello della Congrega dell’Addolorata, lo scorso aprile, nella processione tarantina del Giovedi Santo, era stato tra i portatori delle sdanghe (travi in legno) della statua dell’Addolorata in segno di devozione e di ringraziamento per il sostegno ricevuto per le cure al figlio.
“Purtroppo il piccolo Federico – scrivono il padre spirituale don Emanuele Ferro e il commissario arcivescovile Giancarlo Roberti – ha concluso la sua breve esistenza terrena. L’intera confraternita si stringe intorno ai
suoi genitori Saverio e Rossella e a tutta la sua famiglia”. L’immagine di Federico “affidato alla Vergine Addolorata
all’uscita in piazza Immacolata – proseguono – ci ritornano alla mente con vigore mentre impetriamo dalla nostra Madre celeste il dono della consolazione e della speranza. Voglia il buon Dio essere vicino alla mamma e al papa’ di Federico difensori della vita e della salute senza risparmiarsi e con eroico coraggio”.
Federico aveva potuto accedere alla terapia con lo Zongelsma solo dopo che, nel marzo dello scorso anno, l’Agenzia Italiana del Farmaco aveva consentito l’uso della terapia genica con il sistema sanitario nazionale per tutti i bambini affetti da Sma1 che rientrano per peso entro i 21 chili. Fu cosi’ superato il limite esistente prima in Italia legato all’eta’ di 6 mesi e che costringeva le famiglie a raccolte fondi per arrivare alla cifra necessaria per acquistare e somministrare il costosissimo farmaco in un altro Paese. E anche il piccolo Federico aveva così potuto iniziare la terapia.
Sull’utilizzo del farmaco per un caso analogo si era consumato lo strappo politico tra il governatore Michele Emiliano e Pierluigi Lopalco, tanto che quest’ultimo decise di dimettersi da assessore alla Sanità perché riteneva che, in base ai paletti fissati da Aifa in Italia, il piccolo Paolo (di cui si parlava nel caso specifico) non potesse essere sottoposto alla terapia genica dalla quale non avrebbe tratto vantaggi.
Stefania Losito