Il ricordo del Santo Padre che ripensa ai cappelletti fatti a mano dalla nonna per le feste. La sua infanzia, il pensiero per sul futuro del mondo
Papa Francesco racconta il suo Natale in. Una intervista concessa a Repubblica e La Stampa. È passato qualche mese dal suo ricovero in ospedale ma continua a pensare ai bimbi che passeranno le loro feste da degenti.
“Non ci sono parole, possiamo solo aggrapparci alla fede, a Dio, e chiedergli: “Perché?”. Ai genitori che hanno i bambini a casa il Papa chiede di ricordare “quanto sono fortunati. Li abbraccino forte, e dedichino loro più tempo».
Nel corso dell’intervista, il Papa ricorda il suo Natale in Argentina: “Alcune volte andavamo da una zia, alla sera, perché a Buenos Aires e nella nostra famiglia non c’era in quel tempo l’abitudine di festeggiare la vigilia come oggi. Si festeggiava il 25 di mattina, sempre dai nonni. Ricordo una volta una cosa curiosa: siamo arrivati e la nonna stava ancora facendo i cappelletti, li faceva a mano. Ne aveva fatti 400! Eravamo sbalorditi! Tutta la nostra famiglia era lì: venivano anche zii e cugini. Solo da adolescente ho cominciato a festeggiare un po’ anche la vigilia, a casa di una sorella di mia mamma che abitava vicino”.
Il Natale oggi lo vive così: “Mi preparo bene, perché il Natale è sempre una sorpresa. È il Signore che viene a visitarci, e io vivo questo arrivo con la mistica dell’Avvento: aspettare un po’ di tempo e predisporsi per incontrare Dio, che rinnova tutto in bene. E poi amo tanto le canzoni natalizie, che sono piene di poesia. Silent Night, Tu scendi dalle stelle… trasmettono pace, speranza, creano l’atmosfera di gioia per il Figlio di Dio che nasce sulla terra come noi, per noi”
Il pensiero di Papa Francesco per questo Natale va ai poveri. “Sempre. Come Gesù, che è nato povero: quel giorno Maria era una donna di strada, perché non aveva un luogo adeguato per partorire. E poi penso a tutti i dimenticati, gli abbandonati, gli ultimi, e in particolare i bambini abusati e schiavizzati” dice Papa Francesco. Poi continua: “A me fa piangere e arrabbiare sentire le storie di adulti vulnerabili e di bimbi che vengono sfruttati. E, poi, penso ai bimbi malati che trascorreranno il Natale in ospedale, non ci sono parole, possiamo solo aggrapparci alla fede, a Dio, e chiedergli: “Perché?”. E i genitori che hanno i figli fuori dall’ospedale non si dimentichino quanto sono fortunati, li abbraccino forte e dedichino loro più tempo. Voglio anche spendere qualche parola di ammirazione per il lavoro che compie il personale sanitario di ogni ospedale e reparto pediatrico per alleviare le sofferenze di quei piccoli. Al Bambin Gesù c’è una dottoressa che è il capo: conosce il nome di ognuno dei giovanissimi pazienti. È straordinaria. Noi spesso non ci accorgiamo della grandezza dell’opera quotidiana di questi medici, infermieri e collaboratori sanitari, e invece dobbiamo tutti essere grati a ciascuno di loro”.
L’intervista è anche l’occasione per raccontare la sua infanzia, oltre il Natale. Pochi giorni fa il pontefice hai compiuto 85 anni e ricorda come festeggiava il compleanno da bambino: “In casa eravamo cinque fratelli. Oltre a me c’erano Marta Regina, Alberto Horacio, Oscar Adrian e Maria Elena. Il giorno del compleanno era sempre una festa per tutta la famiglia. Venivano i nonni, gli zii… Mia mamma faceva il cioccolato da bere, molto denso”.
Papa Francesco racconta la sua infanzia, i giochi e lo sport che ha amato da ragazzino: “Vicino a casa nostra c’era una piccola piazza. Vi arrivavano tre strade e formavano una specie di triangolo. Quello era il nostro campo da calcio. Tutti i ragazzi del quartiere giocavano lì, a volte veniva anche qualche ragazza. Non sempre c’era qualcuno che portava il pallone di cuoio e allora giocavamo con un pallone di stracci, la pelota de trapo. In Argentina il pallone di stracci è diventato un simbolo culturale di quell’epoca, a tal punto che un poeta popolare ha scritto una poesia chiamata Pallone di stracci, e c’è anche un film intitolato Pallone di stracci, che fa vedere questa “cultura” dell’epoca”.
Nell’infanzia di Papa Bergoglio non è mai mancata la lettura: “I miei genitori avevano la preoccupazione di farci leggere. Ricordo che era uscita una collana di venti volumi, “Il tesoro della gioventù”. La leggevamo insieme, di pomeriggio. In casa non avevamo ancora la televisione. Più volte, dopo cena, papà ci leggeva a voce dei volumi. Ricordo benissimo che ci lesse tutto Cuore di Edmondo De Amicis, e anche oggi ricordo il racconto “Sangue romagnolo”, che mi ha colpito tanto all’epoca”
L’amore per la letteratura italiana ha regalato tante emozioni a Papa Francesco: “sono state il tesoro della mia infanzia e della gioventù, perché mi hanno trasmesso emozioni forti, indelebili, insieme a quelle che ci leggeva mio padre, a cominciare dal libro Cuore: ricordo che i miei fratelli e io piangevamo spesso commossi quando lo ascoltavamo. Cuore è stata parte della nostra formazione e resta per me un libro indimenticabile. La nonna ci leggeva qualche capitolo de I promessi sposi, e anche ci aiutava a studiarli a memoria. Recentemente li ho ripresi, perché ogni volta che li apri vi trovi qualcosa di nuovo. Spesso I promessi sposi mio padre ce li recitava a memoria e poi ce li spiegava”.
Anche nella vita del Papa c’è spazio per la malinconia, nonostante il suo tempo sua tutto impegnato: “Quando ricordo le cose belle. Momenti specifici e speciali. Per esempio un compleanno particolare: quando ho compiuto 16 anni. In Argentina si portavano i pantaloncini corti con le calze lunghe fino al ginocchio. Ma a 16 anni il rito prevedeva di iniziare a portare i pantaloni da uomo. A quel tempo era come un’entrata in società. “Ma varda!” (in piemontese significa “Ma guarda!” con espressione stupita, ndr) diceva la gente meravigliata e compiaciuta quando mi ha visto con i pantaloni lunghi dopo che sono andato a comprarli con mamma e papà. Mi ricordo che a quel compleanno mia nonna materna, Maria… ve la mostro in foto, perché era una matrona quella nonna (sorride, si alza e va a prendere una foto dei suoi nonni, ndr). La nonna è venuta a casa mia, mi chiama da parte, e mi dà un po’ di soldi come regalo di compleanno. Poi guarda i pantaloni lunghi, e si mette a piangere, commossa”.
Le sue abitudini non sono cambiate dopo l’intervento che ha subito a luglio e nonostante zoppichi un po’: “Nulla è cambiato nella mia giornata: mi alzo sempre alle 4 di notte e inizio subito a pregare. E poi avanti con gli impegni e appuntamenti vari. Mi concedo solo una breve siesta dopo pranzo”.
Il pensiero di Papa Bergoglio va anche al futuro del mondo: “L’avvenire del mondo sarà florido se sarà costruito e, dove serve, ricostruito insieme. Solo la vera e concreta fraternità universale ci salverà e ci permetterà di vivere tutti meglio. Questo però significa che la comunità internazionale, la Chiesa a cominciare dal Papa, le istituzioni, chi ha responsabilità politiche e sociali e anche ogni singolo cittadino in particolare dei paesi più ricchi, non possono né devono dimenticare le regioni e le persone più deboli, fragili e indifese, vittime dell’indifferenza e dell’egoismo. Ecco, prego Dio affinché in questo Natale trasmetta sulla Terra più generosità e solidarietà. Ma vere, pratiche e costanti, non solo a parole. Spero che il Natale scaldi il cuore di chi soffre, e apra e rafforzi i nostri affinché ardano dal desiderio di aiutare di più chi è nel bisogno”.
Angela Tangorra
@credits: immagine dal profilo Instagram Pontifex