“Sarebbe la fine di tante cose e di tante vite. Io penso che la saggezza umana fermi queste cose”. Così Papa Francesco durante l’intervista al direttore del Tg1 Gian Marco Chiocci andata in onda ieri sera, nel rispondere alla domanda sulla guerra di Gaza e nell’ammettere i suoi timori di un’escalation mondiale del conflitto in Medio Oriente. “A noi questa guerra ci tocca per quello che significa Israele, Palestina, la Terra Santa, Gerusalemme ma anche l’Ucraina ci tocca perché è vicina – osserva – ma ci sono tante altre guerre che a noi non toccano: Kivu, lo Yemen, il Myanmar con i Rohingya che sono dei martiri. Il mondo è in guerra ma c’è l’industria delle armi dietro”.
“Ogni guerra è una sconfitta. Non si risolve nulla con la guerra. Niente. Tutto si guadagna con la pace, con il dialogo”,
ribadisce il Pontefice, avvertendo che “due popoli che devono vivere insieme. Con quella soluzione saggia: due popoli due Stati. L’accordo di Oslo: due Stati ben limitati e Gerusalemme con uno status speciale”. Francesco dice di chiamare ogni giorno i religiosi rimasti a Gaza (“per il momento, grazie a Dio, le forze israeliane rispettano quella parrocchia”), ma il suo allarme è anche un altro: “Purtroppo l’antisemitismo rimane nascosto. Lo si vede, giovani per esempio, di qua e di là che fanno qualche cosa. C’è qualche cosa sempre di antisemitismo e non è sempre sufficiente vedere l’Olocausto che hanno fatto nella seconda guerra mondiale, questi sei milioni uccisi, schiavizzati e non è passato. Purtroppo, non è passato”.
Nell’intervista si tocca anche la guerra in Ucraina, “un popolo martire”, e il Pontefice ripete che “ci vuole la pace. Fermatevi! Fermatevi un po’ e cercate un accordo di pace, gli accordi sono la vera soluzione di questo. Per ambedue”.
Ricorda anche che sarebbe voluto andare sia a Kiev che a Mosca, e rivela: “ho avuto un buon colloquio con l’ambasciata russa. Quando io presentavo dei prigionieri, io andavo lì e loro liberavano, hanno liberato anche da Azov. Insomma l’ambasciata si è comportata molto bene nel liberare le persone che si potevano liberare”.
Ma molti altri sono i temi toccati nella conversazione, a partire dai migranti: “L’Europa deve essere solidale” con i paesi dove sbarcano, come Cipro, Grecia, Malta, Italia e Spagna, “non possono questi cinque paesi prendere tutti e i governi dell’Europa devono entrare in dialogo”. O che nella Chiesa ci sarà sempre più spazio per il ruolo delle donne, ma sulle ordinazioni “c’è un problema teologico”.
Per quanto riguarda il celibato sacerdotale, “è una legge che può essere tolta, non c’è problema”, ma “non credo che aiuti. Perché il problema è un altro. Non aiuta” a superare la crisi delle vocazioni. In tema di omosessuali, il Papa dice che “la Chiesa riceve le persone, tutti e non si domanda come sei. Un’altra cosa è quando ci sono delle organizzazioni che vogliono entrare. Il principio è questo: la Chiesa riceve tutti coloro che possono essere battezzati. Le organizzazioni non possono essere battezzate. Le persone sì”. Sulla pedofilia, poi, “è stato fatto molto, ma c’è ancora molto da fare”.
C’è spazio anche per gli aspetti personali e per il Papa ‘privato’. Il momento più difficile del Pontificato “quando mi sono dovuto mettere contro la guerra siriana”. Sulla Chiesa del dopo-Bergoglio il dito è puntato contro gli “indietristi”.
Francesco dice anche di non sentirsi “un Papa di sinistra”: “le vere qualifiche sono: è coerente, non è coerente?”. Annuncia quindi che andrà a Dubai dall’1 al 3 dicembre per la Cop28 sul clima. Ricorda di essere stato al mare per l’ultima volta nel 1975. E ricorda anche la sua fidanzata di prima di prendere i voti: “Una ragazza molto buona. Lavorava nel cinema. Era buona. Poi l’ha ritrovata l’arcivescovo di Rosario in una parrocchia con il marito, i figli”.
Alla domanda sulla salute risponde come fa spesso: “Ancora vivo”. Ma a sorpresa è la risposta sul calcio e, da argentino, su chi preferisce tra Maradona e Messi: “Io dirò un terzo. Pelé”.
Stefania Losito