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Rischio povertà ed esclusione sociale: partite Iva in difficoltà, soprattutto giovani e donne del Sud

Due famiglie su dieci con un capofamiglia lavoratore autonomo sono a rischio povertà ed esclusione sociale, mentre le famiglie con alla guida un lavoratore dipendente è decisamente inferiore, al 14,8%. La denuncia è sollevata dall’Ufficio studi CGIA di Mestre, l’associazione di piccoli artigiani, che ha elaborato i dati dell’Istat.
I più colpiti sono i pensionati, dove il rischio povertà delle famiglie è addirittura al 33,1 per cento.

Dunque, se il potere d’acquisto dei salari hanno costretto all’indigenza operai e impiegati con livelli di inquadramento bassi, per i lavoratori autonomi non è andata meglio. I fatturati hanno subito delle forti contrazioni e, conseguentemente, la qualità della vita ha subito un deciso aggravamento. Sono oltre 5 milioni le partite Iva, di cui metà in regime forfetario, cioè quello dei minimi. Stiamo parlando di attività economiche senza dipendenti e senza alcuna organizzazione d’impresa con un fatturato annuo al di sotto degli 85mila euro. Insomma, una pura e semplice partita Iva che fa dell’autoimprenditorialità la sua ragione lavorativa. E’ il caso di tanti giovani, di altrettante donne e di molte persone in età avanzata soprattutto del Mezzogiorno che sbarcano il lunario con piccoli lavori/consulenze senza disporre di alcun ammortizzatore sociale e/o sostegno pubblico. Soggetti che faticano a incassare le proprie spettanze e che, nella stragrande maggioranza dei casi, si trovano in condizioni economiche molto fragili e, quindi, a forte rischio di povertà o esclusione sociale.

Negli ultimi 20 anni il reddito degli autonomi è sceso del 30 per cento, mentre quello dei lavoratori dipendenti è diminuito di “solo” l’8 per cento. Per i pensionati, invece, il dato è rimasto pressoché stabile. La debolezza economica di molte partite Iva, il crollo dei consumi interni – causato dalle crisi economiche che si sono succedute in questi due decenni – e alla concorrenza praticata dapprima dalla grande distribuzione e negli ultimi anni dal commercio elettronico, hanno fiaccato la tenuta reddituale di tantissime micro attività.

A proposito di dazi americani, se le misure protezionistiche introdotte dall’amministrazione statunitense dovessero provocare una flessione della crescita economica e un incremento dell’inflazione anche in Italia, gli autonomi più fragili potrebbero essere tra i lavoratori più danneggiati. Ecco perché è necessario, dove possibile, diversificare i mercati di vendita all’estero dei nostri prodotti e rilanciare la domanda interna, attraverso la messa a terra del PNRR e una ripresa dei consumi che potrebbe essere agevolata proseguendo nella riduzione delle imposte a famiglie e imprese.

In termini assoluti tutta la popolazione a rischio povertà o esclusione sociale presente in Italia è a pari a 13,5 milioni di persone (23,1 per cento del totale abitanti). Di questi, 7,7 milioni (pari al 57 per cento del totale) sono residenti nel Mezzogiorno. La regione che ne conta di più è la Campania con 2,4 milioni. Seguono la Sicilia con 1,9, il Lazio con
quasi 1,5 e la Puglia con 1,46. Se, invece, prendiamo come riferimento la percentuale a rischio povertà sul totale abitanti, la regione con la quota più elevata è la Calabria (48,8 per cento). Seguono la Campania (43,5), la Sicilia (40,9) e la Puglia (37,7).

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