Buona musica, un direttore artistico con esperienza radiofonica e tv alla conduzione, un secondo conduttore, capace anche di essere il primo, qualche imprevisto di poco conto, qualche scandaletto, tanta
semplicità e il gioco è fatto. Ecco un Sanremo da record.
Intanto la musica: bisogna sforzarsi non poco per trovare in questa edizione un brano brutto brutto.
E il pubblico: i giovani sono tornati dinanzi al piccolo schermo. Ma dov’erano sino a ieri? Ascoltavano la nuova musica sulle varie piattaforme web. Artisti già in parte sdoganati l’anno scorso che hanno affollato il palco quest’anno, come concorrenti ospiti o autori.
Ed ecco i giovani di nuovo dinanzi alla tv magari assieme ai propri genitori, con tanto di smart phone o tablet in mano a commentare il Festival sui social. Altro fenomeno: con questo Festival si è compiuta la fusione totale tra la Televisione e il Social.
Ci ha messo un bel po’ Sanremo a intraprendere la strada della modernità, già battuta da altri soggetti e manifestazioni, come il Radionorba Battiti Live, che in piena estate e con tanto di controprogrammazione in tv (che Sanremo non ha), ha saputo dimostrare che gli spettacoli musicali non erano belli e andati anche quando tutti parlavano della crisi della musica o della musica in crisi.
E viene da urlare “W la musica!” perché se Sanremo fissa ogni anno l’asticella della qualità possiamo tranquillamente prevedere un anno di musica di alto livello, un piacere per le orecchie e le programmazioni radiofoniche.
Il settantesimo Festival di Sanremo è stato definito il Festival delle donne, della gentilezza, dei bei messaggi.
Cosa resterà del festival 2020? Resta la forza del monologo contro la violenza sulle donne di Rula Jebreal, che ha raccontato la sua storia personale fatta di dolore e sofferenza che fa arrivare alle donne un messaggio di forza che cerca di spingere la voglia di essere felici al di là delle paure. Resta la verità raccontata da Diletta Leotta: la bellezza aiuta molto sul lavoro. La possiamo criticare ma non darle torto.
Resterà la luce che ogni sera ha portato nelle case degli italiani Fiorello, con le sue battute improvvisate e non ma che hanno saputo veicolare un messaggio positivo, pulito, senza ricorrere alla politica che negli anni passati scatenava polemiche sterili. Fiorello è arrivato alla gente parlando la stessa lingua del pubblico, citando i programmi e i personaggi più amati e attuali da Don Matteo a Maria De Filippi e il
tormentone “buonaseeerrrrra”.
E che dire di Roberto Benigni che ha letto dinanzi a milioni di telespettatori il “Cantico dei cantici”, una dichiarazione d’amore molto laica estratta dalla Bibbia. Solo Benigni poteva trasformare un testo studiato da pochi in una poesia da leggere sul palco dell’Ariston. A lui si deve l’unica parentesi di satira politica
quando ha chiosato che nelle prossime elezioni si voterà anche per citofono, alludendo alla citofonata del leader della Lega Salvini durante la campagna elettorale in Emilia Romagna.
E’ stato il Festival della gentilezza, della correttezza e del garbo di Amadeus che oggi in conferenza stampa si è commosso quando i giornalisti gli hanno tributato un applauso per un Festival storico che ha polverizzato ogni record di ascolto da 20 anni a questa parte.
Il Festival ha fatto arrivare agli italiani un messaggio che invita a credere nei propri sogni, a credere che due ex ragazzi si ritrovano a fare Sanremo dopo 35anni di amicizia e tante avventure e si abbracciano commuovendosi mentre lo spettacolo giunge alla fine e si sussurrano “Ti voglio bene” davanti a milioni di spettatori. E’ stato il Festival che dice agli italiani che possono ancora credere nel sogno e nelle favole, che invita a mostrarsi come si è davvero con le performance di Achille Lauro che mostra senza paura il non confine tra il suo maschile e femminile, che racconta del suo passato difficile e della sua diversità che diventata la sua forza e che bacia sulle labbra il chitarrista e amico fraterno in mondovisione.
Sanremo ha raccontato il sogno di un bambino, Tiziano Ferro, nato e cresciuto a Latina, che aveva mille complessi per l’aspetto fisico e per l’amore, come ha detto nel suo monologo da 40enne. Tiziano Ferro ha pianto dopo aver cantato l’amore e la rabbia di “Almeno tu nell’universo” e ha mostrato uno spaccato della sua vita privata quando dopo il bacio a Fiorello ha detto di temere la richiesta di divorzio di suo marito. E’ stato anche il Festival che ha mostrato che tanto poi le cose si aggiustano, se si fa un passo avanti con coraggio e ci si parla in faccia, come è successo a Fiorello e Ferro dopo una lite innescata dal clima esasperato delle giornate del festival. Ma che le cose possono anche non aggiustarsi: vedi la lite in diretta sul palco tra Morgan e Bugo.
E’ il Festival che ci racconta la storia di Diodato che dopo anni di esperienza, di lavoro anche per la sua Taranto, porta la canzone giusta e dopo tanti sacrifici vince. Applauso al pudore di Diodato che solo a gara
conclusa, incalzato da Mara Venier a Domenica In, ammette che la canzone è dedicata anche a Levante, sua ex fidanzata e concorrente al Festival.
E’ il Festival che ha portato in tv la verità della malattia con Paolo Palumbo che parla solo muovendo gli occhi sullo schermo di un computer e lo straordinario Ivan Cottini che balla e non si arrende alla Sla.
L’Ariston metafora della vita, sentimenti in diretta tv, gli stessi che proviamo nella nostra vita quotidiana e “normale”, quella vita che sempre ha bisogno di credere alla forza sogni. Non sono solo canzonette quelle del Festival. O forse si. Ma cosa importa, quelle canzonette diventano lo scoglio a cui aggrapparsi quando siamo in difficoltà e quando siamo felici.
E’ la forza della musica che Sanremo ha ritrovato.
Maurizio Angelillo
Angela Tangorra