La premier Meloni presenta un esposto alla Procura Antimafia sugli ingressi in Italia di lavoratori stranieri con i decreti
flussi: “Vengono usati dalla criminalità come canale ulteriore di immigrazione irregolare”. Dal monitoraggio sugli ultimi due anni, sono emersi “dati allarmanti” in “alcune regioni, su tutte la Campania”, secondo lo scenario illustrato da Giorgia Meloni in Consiglio dei ministri, dopo aver consegnato un esposto al Procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo sull’applicazione degli ultimi decreti flussi.
E la mossa è stata accompagnata dalla rivendicazione dell’abbattimento “del 60% degli arrivi illegali rispetto allo stesso periodo del 2023”. Un risultato, “possibile soprattutto grazie ai rapporti di collaborazione con i Paesi del Nord Africa, Tunisia e Libia in testa”, ha sottolineato la premier, convinta che un effetto “deterrenza” lo produrrà anche l’accordo
con l’Albania per la realizzazione dei due centri, dove si recherà per verificare lo stato dei lavori assieme al primo
ministro Edi Rama.
Il Viminale calcola 21.574 migranti sbarcati finora da gennaio, contro i 51.628 dei primi cinque mesi dell’anno scorso.
Ma è su un altro fenomeno che la presidente del Consiglio mette ora il focus: le storture e le possibili ingerenze mafiose nel sistema di ingresso in Italia per motivi di lavoro, anche stagionale, nell’ambito delle quote stabilite nei Dpcm emanati periodicamente. Il governo Meloni a fine 2022 ha varato un decreto per 82.705 persone in un anno, e poi nel 2023 ha reso triennale la programmazione della quota fissandola a 452mila persone, ampliando categorie professionali e settori produttivi. Il primo monitoraggio, spiegano fonti di governo, ha fatto emergere una macchina ormai in enorme difficolta. Nonché il forte sospetto di “frodi” legate anche alle “infiltrazioni della criminalità organizzata”, su cui Meloni ha annunciato interventi “amministrativi e normativi” da varare in un Consiglio dei ministri dopo il G7. E si profila una modifica della legge Bossi-Fini già prospettata qualche mese fa dal sottosegretario Alfredo Mantovano. Alla luce dell’esposto, la Procura antimafia potrà attivare le Procure distrettuali, secondo le sue funzioni
“di impulso e coordinamento di indagini”. Per ora il quadro dipinto dalla premier è quello di “un numero di domande di nulla osta al lavoro per extracomunitari, durante il click day, totalmente sproporzionato rispetto al numero dei potenziali datori di lavoro, siano essi singoli o imprese”. E su questo tema ha aperto un nuovo fronte con Vincenzo De Luca, dopo gli scontri precedenti. “Il suo è un bullismo che nasconde una forma di insicurezza”, l’ultima stoccata al governatore della Campania, su cui Meloni getta una nuova ombra.
In particolare, spiegano in ambienti di governo, è considerato “gravissimo” il “cortocircuito creatosi nell’ultimo
decennio” nel sistema dei nullaosta per i visti e la stipula dei contratti: gli uffici dello Sportello unico immigrazione non
riescono a stare dietro ai tempi per i pareri, 20 giorni per i lavoratori stagionali, 60 per gli altri, con il risultato che scatta quasi sempre il meccanismo silenzio-assenso. E il caos ha riflessi anche sull’attività delle ambasciate italiane all’estero, che non riescono a verificare i requisiti per i visti. Spesso, ed è un altro fenomeno verificato nel monitoraggio, saltano anche le verifiche su chi arriva con un visto e non si presenta allo sportello unico immigrazione entro 8 giorni con il datore di lavoro per depositare il contratto.
Ma il Pd ritiene opportuno che Meloni e Melillo siano ascoltati dalla Commissione parlamentare antimafia. Una richiesta che, se formalizzata, sarà valutata il 12 giugno dall’ufficio di presidenza della commissione stessa.