Proprio nel giorno del Consiglio dei ministri sul ddl concorrenza, arriva la decisione della Corte di Giustizia Ue sulle concessioni balneari. “Le concessioni di occupazione delle spiagge italiane non possono essere rinnovate automaticamente ma devono essere oggetto di una procedura di selezione imparziale e trasparente”, hanno stabilito i giudici di Lussemburgoesprimendosi sul ricorso dell’Autorità garante della concorrenza contro il Comune di Ginosa (Taranto) che, nel 2020, applicando la normativa nazionale, decise di prorogare automaticamente le concessioni. “I giudici italiani sono tenuti ad applicare le norme del diritto europeo, “disapplicando quelle nazionali non conformi”, ha chiarito la sentenza della Corte Ue che, di fatto, invita all’applicazione della direttiva cd. Bolkestein.
Secondo il diritto dell’Unione, dunque, per l’assegnazione di concessioni di occupazione del demanio marittimo, gli Stati membri devono applicare una procedura di selezione tra i candidati potenziali qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali. L’autorizzazione è rilasciata per una durata limitata adeguata e non può prevedere la procedura di rinnovo automatico. Sebbene tali disposizioni siano state recepite nell’ordinamento giuridico italiano, una legge del 2018 ha previsto che le concessioni in essere fossero prorogate fino al 31 dicembre 2033, al fine di disporre del tempo necessario allo svolgimento di tutte le attività essenziali per la riforma delle concessioni.
Conformemente a tale legge, il Comune di Ginosa ha prorogato, con delibera del 24 dicembre 2020, le concessioni di occupazione del demanio marittimo nel suo territorio. Ritenendo che tale delibera violasse i principi di concorrenza e libertà di stabilimento, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha notificato a detto comune un parere motivato, ricordandogli l’obbligo di una previa procedura ad evidenza pubblica e rilevando che le disposizioni nazionali di proroga automatica delle concessioni dovevano essere disapplicate. Poiché il Comune di Ginosa non si è adeguato al suo parere, l’AGCM ha adito il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia con un ricorso diretto all’annullamento della delibera del Comune di Ginosa. Pur ritenendo che le disposizioni nazionali siano incompatibili con la direttiva 2006/123 (direttiva Bolkestein, ndr) relativa ai servizi nel mercato interno, il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia dubita del carattere self-executing della direttiva e dell’effetto di esclusione delle norme nazionali difformi. Inoltre, tale giudice dissente dall’orientamento del Consiglio di Stato italiano secondo cui la direttiva Bolkestein è una direttiva di liberalizzazione e non già di armonizzazione. Da ciò il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia deduce che tale direttiva avrebbe dovuto essere adottata all’unanimità e non già a maggioranza dei voti del Consiglio. Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia sottopone, di conseguenza, alla Corte di giustizia varie questioni pregiudiziali dirette a verificare l’ambito di applicazione, la validità, la natura e gli effetti dell’applicazione della direttiva.
Con la sua sentenza in data odierna, la Corte dichiara, in primo luogo, che la direttiva si applica a tutte le concessioni di occupazione del demanio marittimo, a prescindere, a tal proposito, dal fatto che esse presentino un interesse transfrontaliero certo o che riguardino una situazione i cui elementi rilevanti rimangono tutti confinati all’interno di un solo Stato membro.
In secondo luogo, il diritto dell’Unione non osta a che la scarsità delle risorse naturali e delle concessioni disponibili
sia valutata combinando un approccio generale e astratto, a livello nazionale, e un approccio caso per caso, basato
su un’analisi del territorio costiero del comune in questione. È necessario che i criteri adottati da uno Stato membro
per valutare la scarsità delle risorse naturali utilizzabili si basino su parametri obiettivi, non discriminatori, trasparenti e proporzionati.
In terzo luogo, dall’esame non è emerso alcun elemento idoneo ad inficiare la validità della direttiva relativa ai servizi nel mercato interno. Poiché, da un lato, il fondamento giuridico di un atto deve basarsi sul suo scopo e sul suo contenuto e, dall’altro, la direttiva ha l’obiettivo di agevolare l’esercizio della libertà di stabilimento dei prestatori nonché la libera circolazione dei servizi, il Consiglio ha correttamente deliberato a maggioranza qualificata, conformemente alle disposizioni del Trattato.
In quarto luogo, l’obbligo, per gli Stati membri, di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali, nonché il divieto di rinnovare automaticamente un’autorizzazione rilasciata per una determinata attività sono enunciati in modo incondizionato e sufficientemente preciso dalla direttiva. Poiché tali disposizioni sono produttive di effetti diretti, i giudici nazionali e le autorità amministrative, comprese quelle comunali, sono tenuti ad applicarle, e altresì a disapplicare le norme di diritto nazionale non conformi alle stesse.
Stefania Losito