Musica e politica non vanno d’accordo. Vasco Rossi contro Salvini
Il leader della Lega utilizza “C’è chi dice no” nella campagna elettorale sul referendum costituzionale e il Blasco si arrabbia. Tutti i precedenti da De Gregori a Springsteen
Musica e politica non sempre vanno d’accordo. Se è vero che “City of blinding lights” degli U2 segnò la prima vittoria di Obama alla Casa Bianca, è anche vero che tanti sono i cantanti a cui dà fastidio che le loro canzoni vengano usate per sostenere proclami politici.
Su Facebook, Vasco Rossi ha scritto: “La propaganda politica via dalle mie canzoni”, diffidando Matteo Salvini dall’usare i suoi brani. Pur non citando espressamente il leader della lega, Vasco fa riferimento alla “strumentalizzazione politica del mio brano ‘C’è chi dice no'”,utilizzato da Salvini per sostenere il no al referendum costituzionale.
La posizione dura del Blasco segue quella, decisamente più leggera, di Fabio Rovazzi, autore della canzone dell’estate 2016 “Andiamo a comandare” che commentò con ironia e sarcasmo il balletto di Salvini sulla sua musica.
Anni fa il principe della musica italiana, Francesco De Gregori, si infuriò con Bettino Craxi e nella sua «Ballata dell’uomo ragno» attaccò il «faraone» che aveva utilizzato “W l’Italia” per i comizi del Psi.
Anche in America i politici hanno qualche difficoltà a collaborare con i cantanti: i Rolling Stones, Neil Young, Adele e Queen hanno fatto rimuovere a Donald Trump le proprie canzoni dai comizi per la sua campagna elettorale per la presidenza Usa.
Altro caso passato alla storia fu quello di Ronald Reagan che, da candidato repubblicano, si attirò l’ira di Bruce Springsteen per l’uso di “Born in The Usa” come sigla delle sue convention.
Angela Tangorra