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REPORTAGE – A Turi, nel “paese delle ciliegie”, la guerra tra lavoratori regolari e irregolari

Nella villa comunale di Turi è tardo pomeriggio. Sulle panchine e attorno alle giostrine ci sono anziani, ragazzi e famiglie con bambini. È una delle prime giornate di sole che regala la primavera. Improvvisamente il suono di una bottiglia rotta sull’asfalto crea il panico: tanti si guardano attorno preoccupati, altri si allontanano e cercano di capire dove sono i cocci. Quel suono infatti spesso presagisce l’inizio di una discussione o addirittura di una rissa tra gruppi di lavoratori stranieri stagionali, probabilmente irregolari. Questa volta la bottiglia di birra è caduta accidentalmente ma “l’abitudine ad aver paura c’è sempre” sottolineano gli abitanti del centro del Barese, che da anni vive con i disagi conseguenti al grande flusso di braccianti che arrivano soprattutto nel periodo della raccolta delle ciliegie.

Quest’anno, nonostante il maltempo e le prime ciliegie spaccate dalle piogge, centinaia di migranti, principalmente marocchini, sono già arrivati, anche nella speranza che la raccolta delle famose “Ferrovia” vada meglio. “Non c’è un numero preciso, stiamo cercando di censirli. Quelli stabili e regolari in paese sono 700. E su una popolazione di 13mila abitanti non sono pochi” dice la sindaca, Tina Resta. La prima cittadina, lo scorso 8 maggio, ha emanato un’ordinanza anti bivacco: fino al prossimo 30 giugno “sarà vietato utilizzare impropriamente aree pubbliche quale luogo di dimora con posizionamento o stazionamento di tende, camper, roulotte, furgoni o altri veicoli”. Non è il primo anno che viene emessa un’ordinanza del genere. La sindaca ci tiene a precisare che Turi è un paese assolutamente accogliente e che, per questo, bisogna rendere tutto regolare e sicuro.

Il problema sta alla base: sono tanti i lavoratori irregolari che vengono chiamati nei campi. Decine di loro non hanno il permesso di soggiorno, non hanno un alloggio e sono già destinatari di provvedimento di espulsione dal territorio. Spesso, come racconta la sindaca, girano sempre le stesse fotocopie di carte d’identità oppure documenti falsificati. Una situazione difficilmente gestibile. Arrivano anche i primi aiuti dalla Prefettura di Bari: tre volte a settimana girano sul territorio pattuglie di Polizia e Carabinieri. E tutti i giorni la Polizia Locale controlla tutte le aree nelle quali i migranti potrebbero accamparsi. Il comandante Nicola Leone ci mostra l’area della foresteria finanziata dalla Regione e che fino allo scorso anno ospitava i lavoratori: “Quest’anno non sarà allestita. L’area è stata dichiarata infatti a rischio idrogeologico dalla protezione civile”. Mentre ci parla, il comandante raccoglie coperte, jeans e bottiglie lasciate da alcuni lavoratori che imperterriti, continuano a rifugiarsi lì.


Ma la reale situazione in paese si percepisce parlando con i negozianti. Emerge, parlando con loro, che le risse e gli episodi di violenza avvengono per un motivo ben preciso: una faida interna tra fazioni di lavoratori. Ci sono quelli regolari, che da anni vivono a Turi e si sono integrati perfettamente (molti sono ospitati dai produttori agricoli, loro datori di lavoro), e gli stagionali irregolari, che spesso hanno atteggiamenti strafottenti. Racconta il proprietario di un Bar: “Alcuni fanno la spesa e non vogliono pagare, rubano borse, si intrufolano in alcune case del centro storico, bevono birre e alzano il gomito. I regolari non vogliono rovinare la propria reputazione e sono infastiditi dai comportamenti degli irregolari”.


I lavoratori regolari non nascondono al cronista la gioia di aver trovato stabilità: “Sono qui da 3 anni – dice uno di loro – abito qui vicino in affitto, in una casa messa a disposizione dal mio padrone (dice proprio “padrone”). Mi piace stare qui, sono tranquillo”.


Cala la sera, i carabinieri fermano due ragazzi per controllare i documenti. Un altro gruppo di braccianti stranieri esce da una salumeria. In mano due buste contenenti bottiglie di birra. Un anziano ci guarda e conclude: ”Come in ogni comunità, esistono le mele marce”. O meglio le ciliegie.

Michela Lopez

 
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