
C’è un indagato con l’accusa di istigazione al suicidio e stalking nell’inchiesta aperta dalla procura di Brindisi dopo la morte della 41enne giornalista Patrizia Nettis. Il corpo della professionista fu ritrovato senza vita il 29 giugno scorso all’interno del suo appartamento a Fasano, in provincia di Brindisi. L’indagato, come specificato dalla Gazetta del Mezzogiorno, testata in cui lavorava Nettis, sarebbe un imprenditore, già sentito nei mesi scorsi in qualità di persona informata sui fatti e sarebbe una delle ultime persone con cui la donna ha avuto contatti. L’iscrizione è un atto necessario per procedere allo svolgimento di accertamenti tecnici irripetibili sul telefonino cellulare in uso all’uomo. Al momento, invece, il telefonino della giornalista, non sarebbe “accessibile” per via del sistema di protezione che impedisce la lettura del registro delle chiamate e della messaggistica di WhatsApp.
La famiglia della 41enne, intanto, ha chiesto ufficialmente, che possa esserci la riesumazione della salma per poter eseguire l’autopsia. L’avvocato della famiglia, Giuseppe Castellaneta, spiega che si tratta “di un’iniziativa doverosa per escludere ogni altra ipotesi diversa da quella attualmente presa in considerazione dalla procura”. “L’attività d’indagine difensiva che stiamo svolgendo, ex articolo 190 bis, è parallela – precisa – a quella che sta svolgendo la procura di Brindisi. L’ obiettivo è il raggiungimento di una verità, perchè nessuno di noi, tra familiari, colleghi e amici, crede all’ipotesi del suicidio come magari punto apicale di uno stato depressivo o altro. Non è assolutamente così, perchè tutti sappiamo che Patrizia non aveva alcun motivo per togliersi la vita”. “Il motivo potrebbe essere riconducibile a cause esterne, e noi vogliamo capire quali sono queste cause esterne. E per farlo – conclude – riteniamo che sia necessario eseguire l’autopsia”
Michela Lopez