Via libera del Consiglio dei ministri alla Nadef (la nota di aggiornamento alla legge di bilancio, ndr) che, nel delineare il quadro macro economico, avvia di fatto la manovra. Il deficit tendenziale passa dal 3,6% nel 2024 al 4,3% di fatto sbloccando risorse per 14 miliardi. Il Pil nel 2024 è previsto all’1,2%.
Il Nadef certifica una crescita dell’economia più debole del previsto, ma rassicura i mercati e gli investitori, confermando un trend di riduzione del debito. Una gestione dei conti, assicura Palazzo Chigi, “all’insegna della serietà e del buonsenso”. Gli stessi principi su cui sarà improntata anche la manovra. Che, assicura la premier Giorgia Meloni manterrà gli impegni presi con gli italiani: “basta con gli sprechi del passato, tutte le risorse disponibili destinate a sostenere i redditi più bassi, tagliare le tasse e aiutare le famiglie”. Una manovra che usa come leva il deficit, grazie alla scelta di alzare l’asticella dell’indebitamento per il prossimo anno. Una scelta che permetterà all’esecutivo di confermare “interventi indispensabili a beneficio dei redditi medio bassi”, in particolare il taglio cuneo e misure premiali per la natalità, ma anche “stanziamenti significativi per rinnovo del contratto del pubblico impiego”, rivendica il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Che mostra ottimismo in vista del negoziato con Bruxelles. “Riteniamo di aver fatto le cose giuste”, e di essere nella cornice delle regole europee, assicura: l’obiettivo del 3% non viene rispettato, ma la convinzione è che l’asticella sia stata posta “a un livello di assoluta ragionevolezza”.
Quest’anno il Pil si fermerà al +0,8% (dal +1% previsto ad aprile), mentre nel 2024 sarà dell’1,2% (dal +1,5% del Def). Cambiano anche i numeri sull’indebitamento: il deficit 2023, in particolare, schizza al 5,3% (dal 4,5%) interamente per l’effetto del Superbonus. Per il 2024 invece l’asticella del deficit viene alzata sia sul quadro tendenziale (a legislazione vigente) che su quello programmatico, rispettivamente fissati al 3,6 e al 4,3% (da rispettivamente 3,5 e 3,7): il risultato è che la dote per la manovra ricavata in deficit passa da 4,5 a 14 miliardi.
Il debito pubblico è “sostanzialmente stabilizzato”, assicura Giorgetti. Il percorso di riduzione è confermato, dal 140,2% del 2023 al 139,6% nel 2026. “Non diminuisce come auspicato perché il conto da pagare dei bonus edilizi, in particolare il Superbonus, sono i famosi 80 miliardi, ahimè in aumento, in 4 comode rate”, spiega: senza questo effetto, “il debito sarebbe più basso di un punto percentuale ogni anno”.
Il tesoretto emerso oggi si arriva già a più della metà delle risorse. Ci si attende infatti una legge di bilancio leggera, poco sopra i 20 miliardi. Le prossime settimane saranno cruciali. Entro il 15 ottobre va inviato a Bruxelles il Documento programmatico di bilancio, mentre entro il 20 ottobre la legge di bilancio deve arrivare alle Camere. La caccia alle risorse è già partita e guarda a 360 gradi, dal Lotto al riordino delle agevolazioni fiscali, fino a un rafforzamento della spending review che potrebbe arrivare a 2 miliardi nel 2024. Difficile invece che si faccia leva sulle privatizzazioni per il debito.
Nel documento approvato ieri in Cdm vengono confermati l’aiuto ai redditi medio bassi, la decontribuzione già decisa l’anno scorso, gli interventi a favore delle famiglie con figli e l’attuazione della prima fase della riforma fiscale. Inoltre si
proseguirà con i rinnovi contrattuali del pubblico impiego, in particolare per la sanità.
Il viceministro dell’Economia e delle finanze, Maurizio Leo a cui ha fatto eco anche Giancarlo Giorgetti, spiega che si
lavora a “una prima rivisitazione delle aliquote Irpef: oggi abbiamo quattro aliquote e vorremo portare in su l’asticella del 23% per portarla a 28mila euro”. Un’ipotesi per la quale servono circa 4 miliardi di euro se ci si aggiunge la detassazione delle tredicesime. Leo insiste anche sull’innalzamento della soglia della tassazione agevolata per i fringe benefits, “elevandola dai 258 euro ai 3mila euro, erogati dalle imprese a favore dei loro dipendenti”.
Per le pensioni il governo era già da tempo consapevole che non ci si sarebbe potuti spingere troppo in là, tanto che sia Forza Italia che la Lega avevano rinviato ad obiettivi di fine legislatura gli interventi più costosi. Si punta quindi ad
innalzare le minime, a prorogare Quota 103 e l’Ape sociale per i lavoratori disagiati, integrandola con un’Ape donna e con un aiuto per i giovani che potranno usare la previdenza integrativa per uscire dal lavoro a 64 anni. Un pacchetto che peserà solo per 1-2 miliardi. Esclusa quindi la costosa (4 miliardi) rivalutazione degli assegni. Anche per il rinnovo dei contratti della P.a., che porterebbe via circa 5 miliardi, ci si dovrà accontentare soltanto di una parte, riservata alla sanità.
La natalità, tema prioritario per l’esecutivo, ha già sul tavolo una serie di ipotesi: dagli aiuti per le famiglie con almeno 3 figli ai bonus per il secondo figlio, agli sgravi per le mamme che lavorano. Per tutto servirebbero circa 1,5 miliardi. La lista prosegue con i due miliardi di spese indifferibili e i due necessari alla sanità. Serve qualcosa anche per il capitolo imprese: il ministro Adolfo Urso vuole rifinanziare la Nuova Sabatini (la legge che prevede agevolazioni a sostegno degli investimenti in beni strumentali e tecnologie), un bonus per l’autotrasporto e una riforma del fondo di garanzia della Pmi.
L’elenco delle coperture fuori dal deficit non è altrettanto lungo. Si guarda alle privatizzazioni, ma senza per ora
perimetrare i possibili ricavi, e al riordino delle agevolazioni fiscali che potrebbero rendere circa un miliardo. Un altro
potrebbe arrivare dall’anticipo della gara delle concessioni del Lotto e dalla tassa sui giochi, mentre dalla tassa sugli
extraprofitti delle banche dovrebbero entrare due miliardi.
Altri 2-3 arriveranno dalla Global minimum tax, mentre dalla plastic e sugar tax circa 650 milioni e 300 milioni dalla
spending. Molto più incerte le operazioni, suggerite di recente dal vicepremier Matteo Salvini, del minicondono edilizio e di quello per le microcartelle. O anche della ‘voluntary disclosure’ sui capitali detenuti all’estero.
Via libera anche al decreto migranti che contiene una stretta sulle espulsioni e sul fenomeno dei falsi minorenni ed aumenta di 400 unità il contingente militare dell’operazione Strade sicure. Il decreto prevede la possibilità di svolgere più rapidamente gli accertamenti per verificare l’età del minore straniero non accompagnato.
Stefania Losito