Il bagno di folla per lo zar Putin, uscito vittorioso dalle elezioni presidenziali che lo hanno incoronato fino 2030, è stato il momento ideale per chiarire i punti all’ordine del giorno della situazione nella Federazione: la Russia non rinuncerà alla Crimea e alle altre regioni annesse in Ucraina. A chiarirlo sulla Piazza Rossa è proprio Vladimir Putin, forte del
trionfo che gli ha regalato, secondo i risultati ufficiali, la più grande vittoria per un capo dello Stato nella storia del Paese, con l’87,3% dei voti. Un plebiscito che lo renderà ancora più forte, dentro e fuori il Paese.
Il capo del Cremlino ha portato con sé sul palco i tre candidati sconfitti con percentuali umilianti, al di sotto del 5% ciascuno. Davanti a decine di migliaia di persone accorse per assistere a un concerto nel decimo anniversario dell’annessione della Crimea, Putin ha affermato che la Russia andrà avanti “con le nuove regioni, mano nella mano”. E’ vero, ha ammesso, che il viaggio delle genti del Donbass “verso la loro terra natale”, cioè la Russia, si è rivelato “più difficile e tragico” di quello della Crimea. “Ma comunque ce l’abbiamo fatta”, ha assicurato, prima di intonare con tutta la piazza l’inno nazionale, in un tripudio di bandiere russe.
Mosca continua ad insistere di essere pronta a negoziati che tengano conto della situazione sul terreno, cioè del controllo russo su parte dell’Ucraina. Lo ha ribadito il ministro degli Esteri Serghei Lavrov ricevendo l’inviato cinese Li Hui, che nei giorni scorsi ha visitato vari Paesi europei. Il capo della diplomazia russa, ha fatto sapere il ministero degli Esteri, ha “confermato l’apertura della parte russa a una soluzione negoziata”. Ma è “inaccettabile” la cosiddetta ‘formula Zelensky’, che prevede il ritiro completo dei russi dalle regioni occupate durante il conflitto e dalla Crimea. A questo si è aggiunta una dichiarazione al giornale Izvestia del portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, secondo il quale la Russia è “pronta a negoziati su tutte le questioni della sicurezza, compreso il disarmo nucleare e la non proliferazione”.
Putin la scorsa notte aveva indicato la Francia come un Paese che “può ancora svolgere un ruolo” nella ricerca di una
soluzione negoziata, perché “non tutto è ancora perduto”. Una sorpresa dopo le parole del presidente Emmanuel Macron su possibili “operazioni sul terreno” di Paesi Nato in Ucraina “per far fronte alle forze russe”. Il leader russo si era anche detto pronto a prendere in considerazione l’ipotesi di una tregua per le Olimpiadi, a patto che non si tratti solo di una pausa per dar modo a Kiev di “riarmarsi”.
Il portavoce Peskov ha intanto respinto come “assurde” le affermazioni occidentali relative alla “illegittimità” delle
elezioni. Allo zar arrivano congratulazioni da Pechino, Pyongyang, Teheran, India, e anche da Abu Mazen. Mentre il fronte occidentale non riconosce il successo. A cominciare dagli Usa: “Le elezioni in Russia non sono state né libere né giuste”, secondo il vice portavoce del dipartimento di Stato americano, Vedant Patel. Stesso discorso per Londra. Dal Quirinale non è partita alcuna lettera di congratulazioni a Putin.
L’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa esorta all’unanimità la comunità internazionale a non riconoscere più la legittimità di Putin come presidente e invita tutti i paesi a cessare ogni contatto con lui, tranne che per perseguire la pace e per scopi umanitari, ad esempio per organizzare scambi di prigionieri o per riportare a casa i bambini dell’Ucraina. Lo dichiara il presidente dell’assemblea, il greco Theodoros Rousopoulos.
Intanto, le parole del ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, a proposito delle elezioni in Russia scatenano la reazione delle opposizioni e dividono il fronte della maggioranza. “In Russia hanno votato, ne prendiamo atto. Quando un popolo vota ha sempre ragione”, sostiene il leader della Lega. Ma Tajani prende le distanze: “Le elezioni russe sono state caratterizzate da pressioni forti e anche violente’. Dura la reazione delle opposizioni. Calenda: “Salvini ripassi le basi. La Russia è una dittatura e le elezioni sono una farsa”. Il presidente dei senatori Pd, Boccia chiede al ministro: “Va bene quindi votare con le urne trasparenti e i militari che controllano il voto nei seggi?”. Anche la vicepresidente del gruppo e responsabile per gli affari esteri del Ppe Juknevičienė attacca Salvini: “Si vergognerà delle sue parole su Putin”.
Stefania Losito