La maggioranza Ursula è salva, la vittoria dei Popolari è netta, e von der Leyen è più vicina al bis alla Commissione Ue. Le elezioni europee registrano l’ondata sovranista ma non al punto di sovvertire gli equilibri comunitari. Quelli singoli però sì: l’estrema destra ha travolto Emmanuel Macron in Francia e in Germania ha umiliato Olaf Scholz e Spd.
La maggioranza composta da Ppe, Socialisti e Renew, stando alle proiezioni, si attesta attorno ai 400 seggi, con un margine piuttosto netto rispetto alla soglia minima di 360. “Invitiamo i Socialisti e Renew ad un’alleanza pro-europea”,
è la mano tesa del leader del Ppe, Manfred Weber, e poi della stessa von der Leyen, convinta che si debba continuare “con una piattaforma pro-Ue, pro-Ucraina e pro-Stato di diritto”.
Teoricamente i tre partiti filo-Ue possono fare a meno di qualsiasi supporto esterno. Il Ppe potrà contare su 189 seggi,
S&d su 135, i Liberali (che hanno perso ventidue eurodeputati) su 80. Il gruppo dei Conservatori e Riformisti è avanzato di poco (da 68 a 72) a causa delle cattive performance di Vox in Spagna e del PiS in Polonia. Il gruppo Identità e Democrazia (passato da 59 a 58 seggi, ma nel conteggio ora sono esclusi i 17 membri di Afd) ha risentito della caduta della Lega rispetto al 2019. Dall’altra parte dell’emiciclo, la Sinistra ha retto il colpo passando da 37 a 36 seggi. La vera novità è il grande fronte dei non iscritti da 98 seggi, che dà vita ad un insieme estremamente eterogeneo, che certamente non resterà nel limbo di chi non appartiene a nessun gruppo. Tanto per fare alcuni esempi, gli orbaniani di Fidesz bussano alla porta di Ecr, i tedeschi di AfD potrebbe tornare in Id, l’opposizione ungherese si avvia ad entrare nel Ppe assieme al partito degli agricoltori olandesi.
Stefania Losito