
Non si tratta di riarmo, ma di sostegno alla colonna europea della Nato. Lo spiega così la premier italiana, Giorgia Meloni, l’accordo sul 5% alla Nato che, chiarisce, “non toglierà un euro agli italiani”. La spesa militare sale dunque dal 2 al 5% del prodotto interno lordo dei Paesi Nato entro il 2035. Si tratta del 3,5%destinato alle spese tradizionali come armamenti, truppe ed equipaggiamenti, mentre l’1,5% include cybersecurity, infrastrutture e mobilità.
Meloni rivendica l’accordo europeo come una vittoria molto italiana e respinge le critiche dell’opposizione – ma anche della Lega – su un governo che toglie fondi al welfare per dirottarli sul riarmo. “Non distoglieremo un euro da altre priorità a tutela degli italiani”, ha assicurato la presidente del Consiglio che sposa la linea del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, il quale, a sua volta, si arroga i meriti del documento.
Il vertice dell’Aja, per il capo del governo come per tutti i suoi omologhi, è stato soprattutto il vertice di Donald Trump.
La premier ha illustrato i possibili effetti positivi che il riarmo e lo sprint sulla sicurezza potrà avere sulle imprese italiane. Quasi a farle eco la Borsa di Milano registrava un balzo di tutte le aziende del settore della difesa, a cominciare da Leonardo. “Se siamo bravi si potrà creare un circolo virtuoso, una politica espansiva”, ha osservato Meloni. Anche perchè nella grande famiglia delle spese in sicurezza i governi potranno inserire voci disparate, dal digitale ai trasporti. Per il ministro degli Esteri Antonio Tajani, anche lui al Summit de L’Aja, anche il Ponte sullo Stretto potrebbe rientrarci. Le sue parole non hanno convinto per nulla l’opposizione. Elly Schlein, da Bruxelles, è tornata all’attacco. “Avrebbe dovuto tenere la stessa posizione della Spagna, ma non è in grado di dire no all’amico Trump”, ha sottolineato la segretaria del Pd facendo riferimento al niet di Pedro Sanchez sul 3,5%. Una mossa che, per Meloni, è solo apparenza. “L’Italia ha fatto come la Spagna, o viceversa. Abbiamo firmato lo stesso documento”, ha chiuso la premier. Tajani ha ricordato come l’esercito europeo, che resta “un percorso lungo”, sia stato “il sogno” di De Gasperi e di Berlusconi. Meloni ha insistito su un punto: “Noi dobbiamo decidere dove stiamo, facciamo parte della Nato che è il sistema di difesa occidentale, e che è basata su eserciti nazionali che cooperano”.
Il testo della dichiarazione finale prevede che gli “alleati stanzieranno almeno il 3,5% del Pil annuo, entro il 2035, per finanziare i requisiti fondamentali della difesa e per soddisfare gli obiettivi di capacità della Nato”. La menzione dei target permette a Pedro Sanchez di cantare vittoria, perché ritiene di poter espletare i suoi obblighi col 2,1%, così come calcolato (dice) dai militari. Trump ha reagito, pur non facendo saltare il tavolo: “È terribile, non vuole pagare la sua quota, le applicheremo dazi doppi”, ha dichiarato. E arriva tempestiva la risposta di Madrid: “I negoziati sui dazi si fanno con l’Unione europea”. La Spagna, dopo una serrata contrattazione con il Segretario generale dell’alleanza atlantica Mark Rutte, ha ottenuto una deroga.
Nall’accordo firmato dall’Alleanza atlantica, la Russia, intanto, viene definita “una minaccia di lungo termine” ma non ci sono riferimenti alla guerra di aggressione in Ucraina, per evitare rischi nel processo di pace pensato da Trump. Gli alleati poi “ribadiscono il loro impegno sovrano a fornire sostegno” a Kieva ma, allo stesso tempo, il principio del “percorso irreversibile” verso la Nato scompare del tutto, proprio come chiesto dagli Usa. Il premier britannico, Keir Starmer, ha però assicurato chele promesse fatte a Kiev in passato “restano valide”. Zelensky, ha rimarcato, può essere “sicuro del nostro sostegno, qui è tra amici”. Zelensky, al contrario di quanto accaduto al G7, è riuscito a incontrare Trump a quattr’occhi e si è detto soddisfatto: “È stato un confronto lungo e significativo, abbiamo affrontato tutte le questioni veramente importanti”. Trump lo ha confermato: “Non avrebbe potuto andare meglio, Zelensky vuole vedere la fine del conflitto”. Vladimir Putin, nella nuova narrazione, viene infatti bollato come “mal consigliato”. Il tycoon ha persino aperto alla possibilità di fornire nuove batterie di Patriot a Kiev.
Stefania Losito