Ogni anno 134mila studenti e 36mila laureati lasciano il Sud per andare al Centro-Nord, una fuga che al Mezzogiorno “costa oltre 4 miliardi”. Lo dice il presidente di Confcooperative Maurizio Gardini commentando il focus Censis – Confcooperative “Sud, la grande fuga”.
Secondo lo studio, dalle casse degli atenei meridionali sono evaporati 157 milioni di euro, con risorse che si materializzano altrove, nelle università del Centro-Nord, dove rette che costano il doppio (2.066 euro contro i 1.173 del Sud) hanno fruttato 277 milioni di incassi.
“Parliamo di 4,1 miliardi di euro. Soldi investiti dal Sud per formare una classe dirigente che poi sceglie di restituire altrove il proprio know how”, spiega Gardini. Il problema non è solo economico, ma anche demografico, culturale e sociale. “Un depauperamento silenzioso di risorse che svuota interi territori. Un pezzo della futura classe dirigente che se ne va, lasciando dietro di sé interrogativi sul destino del Mezzogiorno”, osserva ancora.
A fronte di questo fenomeno, 10mila giovani del Centro-Nord si sono iscritti alle università del Sud e invece di versare 21,1 milioni di rette alle università settentrionali, ne hanno pagati 12 a quelle del Mezzogiorno. Ma si tratta di una “contro migrazione debole che non compensa, né mitiga gli effetti economici e sociali della fuga dei giovani dal Sud” aggiunge il presidente di Confcooperative.
I 13mila partiti per l’estero equivalgono a 1,5 miliardi di euro bruciati. I 23.000 trasferiti al Centro-Nord pesano 2,6 miliardi.
Roma, Milano e Torino sono le città universitarie più ambite dagli studenti che se ne vanno dal Sud. Roma con 32.895 studenti che rappresentano il 16,4 % sul totale degli iscritti nelle sedi universitarie della provincia; Milano con 19.090 studenti il 10,1% (sul totale) e Torino con 16.840 il 15,7% sul totale (sul totale).
Nel 2022, inoltre, 23.000 laureati al Sud hanno scelto le regioni centro-settentrionali come approdo lavorativo. Nel 2024, altri 13.000 hanno varcato i confini nazionali. In totale, 36.000 giovani ad alta qualificazione, formati con risorse meridionali, valorizzano le proprie competenze lontano dai luoghi che hanno investito nel loro futuro. E ogni laureato rappresenta un investimento di 112mila euro – pubblico e privato – dall’asilo nido fino alla pergamena.
“Il Mezzogiorno, però, non è un deserto – osserva ancora Gardini -ha asset, potenzialità ed energie. Occorre, però, preservare i fattori di sviluppo e puntare su formazione avanzata e strategica”.
Un dato su tutti: i laureati in discipline STEM (scienze, tecnologia, ingegneria, matematica) rappresentano appena il 22,4% del totale nazionale, con un gap di 11 punti percentuali rispetto al peso demografico del Sud. E le startup innovative sono solo il 28,3% del totale.
“La strada per invertire la rotta esiste: investire in innovazione, formare in ambiti strategici, aprire finestre internazionali. Il sistema dell’istruzione, dell’università e della ricerca è l’unica via per collocare il Mezzogiorno sulla frontiera tecnologica e restituirgli competitività. L’unica strada – conclude Gardini – per non continuare a guardare quel treno partire senza ritorno”.
Stefania Losito
