Domenica non sarebbe stata la prima volta, tre le persone arrestate
La decisione di inserire il forchettone nel freno di emergenza della funivia del Mottarone “è stata una omissione consapevole”. Lo ha comunicato il procuratore di Verbania, Olimpia Bossi, ore dopo l’arresto di tre persone per la tragedia di domenica scorsa nella quale hanno perso la vita 14 persone.
Nella notte sono stati fermati Luigi Nerini, proprietario della società che gestisce l’impianto, Gabriele Tedini, direttore del servizio e l’ingegnere Enrico Perocchio. Tutti e tre sono stati accompagnati nel carcere di Verbania.
Quella di ovviare ai problemi dell’impianto, che continuava a fermarsi, è stata secondo l’accusa una scelta deliberata di queste tre persone.
“Non è stata la scelta di un singolo, ma condivisa e non limitata a quel giorno. È stata una scelta legata a superare problemi che avrebbero dovuto essere risolti con interventi più decisivi e radicali invece che con telefonate volanti” ha aggiunto il procuratore.
“Per quello che ci risulta oggi, il forchettone è stato inserito più volte – ha spiegato Bossi – non sono in grado di dire se in maniera costante o solo quando si verificavano questi difetti di funzionamento. Certamente domenica non è stato il primo giorno e questo è stato ammesso”.
Ci sarebbero stati due interventi tecnici dell’azienda incaricata della manutenzione. Uno il 3 maggio scorso e uno precedente. Eppure questo non avrebbe risolto il problema e quindi, come ha spiegato il procuratore, si è deciso di “bypassarlo” disattivando il sistema di frenata di emergenza.
Il procuratore ha fatto sapere, inoltre, che indagherà per verificare l’entità, il costo e il tempo necessario per gli interventi sulla funivia del Mottarone. “Il fatto che due volte siano stati chiamati i tecnici e che per due volte il problema non sia stato risolto – ha aggiunto – mi fa pensare che non avesse una soluzione rapida”.
Sulla fune traente che si è spezzata, invece, sono ancora in corso le verifiche tecniche, i cui risultati sono attesi per giovedì.
“Non abbiamo elementi per ritenere che i due fatti siano reciprocamente collegati, non sono in grado di dirlo” ha chiarito la Bossi in merito all’eventuale collegamento tra la fune spezzata e il mancato azionamento del freno di emergenza.
Secondo il comandante dei carabinieri di Verbania, Alberto Cicognani, i tre fermati “hanno sottovalutato la gravità dell’azione che stavano portando avanti”.
“Hanno rovinato non solo la vita delle famiglie delle vittime, ma anche quella degli operai che lavorano per la funivia” ha detto Cicognani. Da questo punto di vista ulteriori indagini saranno svolte per capire se altri, all’interno dell’azienda, sapevano.
Intanto l’avvocato dell’ingegnere Perocchio ha fatto sapere che il suo assistito è un professionista scrupolosissimo. “Ha ricostruito i vari interventi degli ultimi mesi e non si capacita della rottura del cavo, anche alla luce dei verbali delle società che hanno effettuato i controlli, sempre con esito positivo”.
Il legale ha voluto anche precisare che Perocchio “è stato convocato dai carabinieri come persona informata sui fatti intorno a mezzanotte. Non è stato sentito da nessuno, fino alle 3 di notte, quando gli è stato notificato il fermo”. “Qualcuno si assumerà la responsabilità per quanto dichiarato agli inquirenti” ha concluso l’avvocato.
Gianvito Magistà