L’Aula del Senato conferma la fiducia al Governo sul decreto Ucraina con voti 214 voti favorevoli, 35 contrari e nessun astenuti. Il provvedimento, che prevede misure per l’accoglienza dei profughi e dispone l’invio di equipaggiamenti militari a Kiev, è approvato in via definitiva. L’esecutivo, mercoledì sera, aveva posto la questione di fiducia, blindando così il testo votato anche da Fratelli d’Italia, in prima lettura, alla Camera, e motivo di forti tensioni tra il governo e il M5s la cui posizione, ha chiarito più volte il leader Conte, era un “no” all’aumento delle spese per armi fino al 2% del Pil entro il 2024.
Intanto il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha commentato la telefonata avuta ieri con Putin. “Ho espresso la mia convinzione che per risolvere nodi cruciali serve un incontro con Zelensky che lo sta chiedendo dall’inizio. E Putin mi ha risposto che i tempi non sono maturi. Uno dei punti di Putin è che ci siano piccoli passi in avanti nei negoziati” ha affermato il premier incontrando la stampa estera.
Sull’efficacia delle sanzioni ha aggiunto: “In effetti le posizioni delle due parti si sono un po’ avvicinate, ma sono cauto perché c’è ancora molto scetticismo. Le sanzioni funzionano, alla pace si arriva se l’Ucraina si difende, altrimenti non si arriva alla pace”. L’Italia, come confermato da Draghi, è richiesta come garante sia dall’Ucraina che dalla Russia, ma, come sottolineato, “è presto per parlare dei contenuti, occorre aspettare l’esito dei negoziati”.
Sulle spese militari invece ha specificato: “Occorre superare l’attuale sistema legato alle decisioni nazionali e occorre procedere subito a un coordinamento sulla difesa: chi spende, quanto spende. Bisogna chiedere alla Commissione. Non bisogna prenderlo alla leggera”.
Michela Lopez