“Il cinema non dovrebbe restare muto. L’odio alla fine scomparirà e i dittatori moriranno. Siamo in guerra per la libertà”, ha detto Zelensky citando Il Grande Dittatore di Charlie Chaplin, accolto da una standing ovation appena iniziato il collegamento via satellite a sorpresa con la cerimonia di apertura del festival di Cannes. “Serve un nuovo Chaplin che dimostri che il cinema di oggi non è muto”. Zelensky si è rifatto ancora alle evocazioni cinematografiche “Mi piace l’odore del napalm al mattino”, ha detto citando Apocalypse Now. Il presidente ha fatto riferimento anche al documentario Mariupol 2 che è costato la vita al regista Kvedaravicius.
L’impatto del collegamento è stato potente e le parole di Zelensky hanno dato una indiscutibile scossa alla platea elegante del Grand Theatre Lumiere. Zelensky non ha parlato solo in generale delle sofferenze del suo popolo, delle tragedie in corso a Mariupol con l’acciaieria Azovstal, ma si è rivolto proprio al mondo del cinema, ai cineasti e li ha chiamati in causa direttamente.
Prima del collegamento con Kiev ci aveva pensato il discorso forte ed empatico di Vincent Lindon che quest’anno presiede la giuria (con Jasmine Trinca giurato italiano) che assegnerà la Palma d’oro il 28 maggio, a far capire, se ce ne
fosse bisogno, quanto l’apparenza glamour di Cannes, con i suoi rituali di red carpet, moda, selfie, apparizioni di star, sia stata ‘bucata’ dalla tragedia reale della guerra. “I tormenti del mondo, che sanguina, soffre, brucia… in Ucraina, ma anche nelle dimenticate guerre nello Yemen e nel Darfur, mi tormentano la coscienza”, ha detto Lindon ricordando che il festival di Cannes “fu fondato per reazione al fascismo”.
Stefania Losito