I Centri di Permanenza per il Rimpatrio (Cpr), sono costosi e fallimentari se si pensa che nel 2023 solo il 10% delle persone con un provvedimento di espulsione è stato rimpatriato. È questo il quadro che emerge nel report “Trattenuti 2024. Una radiografia del sistema detentivo per stranieri” di ActionAid e del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Bari.
L’intero sistema dei Cpr solo nell’ultimo biennio 2022-2023 è costato 39 milioni e il costo medio annuo di un posto raggiunge quasi 29 mila euro. Costi che sarebbero peraltro sottostimati, poiché non includono le spese accessorie.
Il centro più costoso è quello di Brindisi, che vede il costo medio di un posto all’interno superare i 71.500 euro all’anno tra spese di vitto e alloggio per le forze dell’ordine, gestione e manutenzione. A Palazzo San Gervasio, in provincia di Potenza, si spendono 680mila euro l’anno che nel 2023 hanno portato il costo medio di un posto a più di 45mila euro.
Dal 2018 al 2023, stando ai dati di ActionAid, l’Italia ha sostenuto 93 milioni di euro di spese. Di questi, oltre 33 milioni sono stati spesi per la manutenzione dei centri, di cui oltre il 76% è stato utilizzato per interventi di manutenzione straordinaria, cioè ristrutturazioni dovute a danneggiamenti.
“Una politica che ottiene il 10% dei risultati attesi è inammissibile, a meno che non si riconosca che l’obiettivo non è quello esplicito del rimpatrio, ma è quello di assimilare le persone migranti ai criminali” ha dichiarato Fabrizio Coresi, esperto di migrazioni per ActionAid. “I Cpr in Italia appaiono come modello di disumanità, gestione incontrollata e fallimentare ma comunque sono il modello dei nuovi centri di trattenimento in Albania targati Governo Meloni” ha aggiunto.
Gianvito Magistà