
Le connessioni cerebrali sono più deboli e peggiorano le prestazioni cognitive
Andare a letto tardi e svegliarsi presto sono abitudini che possono compromettere lo sviluppo del cervello negli adolescenti. Lo rivela uno studio dell’Università di Cambridge e della Fudan University di Shanghai, che ha monitorato oltre 3.200 ragazzi. Chi dorme meno presenta connessioni cerebrali più deboli, volumi cerebrali ridotti e peggiori prestazioni cognitive. Se ne parla in questi giorni nel convegno “Psicofarmacologia clinica nell’età di transizione”, a Cagliari e promosso dalla Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia insieme alla Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza.
Troppo spesso iperconnessi, molti ragazzi trascorrono tempo sui social media a letto, influenzando la durata e la qualità del riposo. L’obiettivo del convegno, dunque, è “stimolare la connessione tra farmacologi, neurologi, neuropsichiatri e psichiatri per creare un sapere condiviso necessario a migliorare l’intervento clinico in una fase delicata come l’adolescenza”, spiegano i presidenti di Sinpf, Matteo Balestrieri e Claudio Mencacci, e di Sinpia, Elisa Fazzi.
La gran parte dei disturbi psichici cronici, dicono gli esperti, “ha esordio proprio in questa fascia d’età, spesso anche più precocemente in infanzia e preadolescenza e intervenendo precocemente è possibile migliorare gli esiti futuri”.
Lo studio ha esaminato ragazzi dai 9 ai 14 anni attraverso dispositivi indossabili, dimostrando che gli adolescenti che
vanno a letto prima e dormono più a lungo sono quelli che ottengono prestazioni cognitive migliori. Inoltre, spiega Sara Carucci, direttrice della Clinica di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza della Asl di Cagliari, “le scansioni cerebrali hanno mostrato che gli adolescenti che rimanevano svegli fino a tardi presentavano connessioni più
deboli tra le aree cerebrali chiave. Avevano anche volumi cerebrali più piccoli, soprattutto in aree importanti per la memoria, come l’ippocampo. Tutti elementi che possono spiegare un basso punteggio nei test cognitivi”. E questi effetti, conclude, non sono temporanei, “ma possono plasmare le traiettorie cognitive”.
Stefania Losito