“Ha attaccato l’Islam, non è una brava persona”. Ha risposto così l’aggressore di Salman Rushdie in un’intervista esclusiva del New York Post dal carcere. “Non mi piace quell’uomo, ha attaccato le credenze degli islamici, il loro sistema di valori”, ha detto ancora Hadi Matar dicendo di “rispettare l’ayatollah, credo sia una grande persona”.
Lo scrittore indiano, 75 anni, è stato aggredito e accoltellato il 12 agosto durante una conferenza nello Stato di New York. E’ stato colpito dal fendente per tre volte al collo e quattro all’addome, ed è ricoverato nell’ospedale di Erie, in Pennsylvania, dove non è più attaccato al respiratore e riesce a parlare grazie a un intervento chirurgico d’urgenza.
L’aggressore, in carcere da cinque giorni, ha negato di essere stato in contatto con i pasdaran iraniani ma ha ammesso di essersi “ispirato” per l’attacco guardando video dello scrittore su Youtube.
Rushdie è da sempre nel mirino dei fondamentalisti e dell’ayatollah Khomeini che l’anno dopo la pubblicazione del famoso libro “Versetti satanici”, del 1988, offrì una taglia di 3 milioni di dollari come ricompensa per la sua morte. Il governo iraniano, in maniera ambigua nel 1998 aveva affermato che non avrebbe più sostenuto la fatwa, ma molte organizzazioni iraniane hanno invece continuato a raccogliere fondi per una ‘taglia’ sulla sua testa, da aggiungere ai circa 3 milioni di dollari originariamente offerti da Khomeini nel 1989 per la sua esecuzione. L’ayatollah Ali Khamenei, guida suprema iraniana, ha infatti rinnovato la fatwa nel 2017, e nel 2019, in occasione del ‘trentennale’, via Twitter ha scritto: “Il verdetto dell’Imam Khomeini riguardo a Salman Rushdie si basa su versi divini e, proprio come i versi divini, è solido e irrevocabile”.
Stefania Losito