Picchiata per oltre un anno dai figli per aver avuto una relazione extraconiugale. La vittima sarebbe la moglie di un boss di Andria. Il marito, dal carcere nel quale era detenuto, avrebbe impartito ai figli l’ordine di punire la donna.
Il pluripregiudicato 50enne i suoi tre figli, un ragazzo di 19 anni e due gemelle di 27 anni, avrebbero maltrattato la donna per oltre un anno, fino ad indurla a tentare il suicidio. Gli agenti delle squadre mobili di Bari e Bat hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei loro confronti, in quelli del padre già detenuto, e nei confronti di un altro pregiudicato ritenuto complice e vicino allo stesso clan mafioso locale dei Lapenna. Vittima delle presunte minacce e di un attentato incendiario con una bomba carta alla sua auto, anche il nuovo compagno della donna.
I reati contestati di maltrattamenti in famiglia, minacce, sequestro di persona e danneggiamento, sono tutti aggravati dal metodo mafioso per il “contesto criminale, la caratura delinquenziale dei soggetti coinvolti e le concrete modalità
della condotta evocativa della forza di intimidazione tipicamente mafiosa, volta a riaffermare le ragioni” del boss tradito. L’indagine, coordinata dalla pm della Dda di Bari Daniela Chimienti, riguarda episodi risalenti al periodo
compreso tra maggio 2021 e giugno 2022. A picchiare la madre con schiaffi, calci e pugni sarebbe stato il 19enne, ritenuto responsabile anche della bomba carta sotto l’auto dell’amante della donna.
L’indagine è partita il 4 gennaio 2022 dopo la segnalazione di un ordigno esploso nella notte sotto un’auto parcheggiata. Fino ad allora e anche nei mesi successivi la donna e l’amante, intimiditi dalle continue minacce, non avevano denunciato. Hanno deciso di rivolgersi alle forze dell’ordine solo nel giugno 2022, dopo che la donna era
riuscita a fuggire di notte dalla casa coniugale dove i figli l’avrebbero tenuta rinchiusa, senza telefono e senza possibilità di uscire o comunicare con l’esterno, sorvegliata a vista.
Quando la madre ha trovato finalmente il coraggio di ribellarsi ha raccontato gli anni di soprusi subiti prima dal marito
(detenuto dal 2014 con fine pena nel 2032) e poi dai figli. “Mio figlio mi picchiava, le due mi figlie lo appoggiavano,
continuavano ad offendermi con parolacce e brutte parole, ‘tu non sei una mamma’ mi dicevano le mie figlie, mi tolsero anche il cellulare. Ad un certo punto non ho piu’ sopportato queste violenze e ho tentato il suicidio, mi sono accoltellata alla pancia, ma non ho avuto il coraggio di affondare il colpo, mentre la mattina dopo ho bevuto un detergente. Poi mi hanno chiusa in casa, non mi lasciavano mai da sola oppure mi chiudevano a casa rendendomi impossibile uscire”.
Stefania Losito