C’erano l’operaio metalmeccanico, il rifugiato politico, il muratore e l’imbianchino. Gente insospettabile, integrata, ma con un unico obiettivo: uccidere gli infedeli che si macchiano di blasfemia. La procura di Genova, insieme alla Digos e all’Antiterrorismo, ha sgominato una cellula terroristica pakistana collegata ad un network più ampio chiamato ‘Gruppo Gabar’, a sua volta legato a Zaheer Hassan Mahmoud, il 27enne che a settembre del 2020 attaccò l’ex sede del giornale satirico Charlie Hebdo a Parigi, ferendo a colpi di mannaia due persone. Ed è proprio indagando su di lui che gli investigatori hanno scoperto il gruppo terroristico.
Sono 14 le misure di custodia cautelare concesse dal giudice per le indagini preliminari Silvia Carpanini. Sei le persone arrestate in tutta Italia e una in Francia: Yaseen Tahir, 24 anni, preso a Reggio Emilia, il capo; Ahmad Waqas, 32 anni, fermato a Chiavari; Tasawar Iqbal, 29 anni, a Genova; Noman Akram, 23 anni, a Firenze; Nauman Ali’, 23 anni, aTreviso; Shoeb Aktar, 27 anni, a Bari; Raan Nadem detto “il maestro”, 33 anni, bloccato in Francia. Sono tutti accusati di associazione con finalità di terrorismo internazionale. Un gruppo che si stava organizzando per trovare una “sede” ma, soprattutto, armi per colpire.
L’Italia, secondo gli inquirenti, era il luogo privilegiato per il supporto per il supporto logistico del Gruppo Gabar. Una circostanza dimostrata anche dall’arresto a Lodi, a fine settembre 2021 di Ali Hamza, pachistano di 19 anni, perché legato all’attentatore di Charlie Hebdo, e che era stato incaricato di diffondere il video di rivendicazione dell’attacco.
“Si tratta di una delle operazioni – ha sottolineato Diego Parente capo della Direzione centrale polizia di prevenzione – contro il radicalismo islamico tra le più importanti in Italia. Ha una dimensione europea”. A febbraio in Spagna sono state arrestate cinque persone, di cui almeno tre in contatto con gli odierni indagati e tutti riconducibili al Gruppo Gabar.
Michela Lopez