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Bollette, le piccole imprese pagano più delle grandi

Le bollette del gas preoccupano le piccole imprese, che pagano il doppio delle grandi. E soprattutto al sud. A denunciarlo è l’Ufficio studi della CGIA, l’associazione di artigiani e piccole imprese. Con i prezzi di luce e gas che da tre anni a questa parte hanno subito degli aumenti importanti, perdura la penalizzazione nei confronti delle realtà produttive di piccola e piccolissima dimensione che, ricordano dalla CGIA, costituiscono il 98 per cento delle imprese. E perlopiù sono realtà del Mezzogiorno. Mettendo a confronto i costi energetici delle piccole con quelli delle grandi imprese, emerge un differenziale “spaventoso” che penalizza enormemente le prime. Se per le bollette dell’energia elettrica gli artigiani, gli esercenti, i negozianti e i piccoli imprenditori pagano il 55 per cento in più delle grandi industrie manifatturiere e/o commerciali, per quelle del gas addirittura il doppio.

Il rincaro delle bollette potrebbe essere un’ulteriore causa del freno alla crescita dell’economia in Puglia, di cui al rapporto della Banca d’Italia. Nel corso del 2024 è rallentata, con con un flebile + 0,5% del pil, perdendo intensità rispetto all’anno precedente e in misura inferiore rispetto alla media del Mezzogiorno (0,9%) e del Paese (0,7%). In particolare si è registrato un ristagno nel settore industriale, e una crescita ridottas di quello terziario: il commercio è cresciuto soltanto dello 0,4%.

Altra conseguenza drammatica riconducibile agli effetti del caro bollette è la condizione di difficoltà in cui versano molti italiani: sono più di 2 milioni le famiglie in povertà energetica, al sud. Tra le più a rischio, quelle dove il capofamiglia è un lavoratore autonomo, un pensionato o un disoccupato. I nuclei familiari più a rischio sono quelli numerosi, in condizioni di disagio economico e le cui abitazioni sono in cattivo stato di conservazione. A livello territoriale la situazione più critica si verifica in Calabria. Seguono a ruota Basilicata, Molise e Puglia, con oltre 17 famiglie su 100 in povertà economica.

In Italia a gonfiare i prezzi delle bollette della corrente delle imprese sono, in particolare, i costi di rete (trasporto e gestione del contatore), le tasse e gli oneri di sistema che nelle piccole aziende hanno una incidenza pari mediamente al 40 per cento del costo totale. Una quota che nelle grandi imprese scende al 17 per cento. Certo, ci sono anche delle ragioni oggettive che “giustificano” questo gap di costo. Le industrie, ad esempio, comprano l’energia in grandi volumi, spesso si avvalgono di broker che sono in grado di negoziare tariffe più basse con i fornitori. Tendenzialmente, le piccole imprese, invece, acquistano poca energia e non hanno molto margine di trattativa. Inoltre, le componenti fisse (come il trasporto, gli oneri di sistema, le accise, etc.), pesano di più sul consumo delle piccole imprese, che, a differenza delle grandi, usano meno energia ma pagano comunque quote fisse elevate. Sono dei costi fissi presenti in bolletta e rappresentano le spese relative al sostegno delle energie rinnovabili ed alla cogenerazione (ASOS) e ad altri oneri di sistema (ARIM) come oneri nucleari, agevolazioni per il sistema ferroviario e alle industrie energivore, ricerca di sistema e a sostegno del bonus elettrico. Va altresì sottolineato che le grandi aziende energivore hanno agevolazioni fiscali e sconti su accise e oneri, riconosciuti per legge. Al netto di situazioni straordinarie, raramente le Pmi rientrano in queste categorie e acquistando l’energia a prezzi di mercato, sono soggetti alle oscillazioni di prezzo, mentre le realtà di grandi dimensioni possono stipulare contratti pluriennali più stabili. Le piccole imprese, infine, sono più diffuse sul territorio di quelle di maggiore dimensione, anche in zone meno servite, e ciò può contribuire a far aumentare i costi di
distribuzione.

Per quanto riguarda il consumo del gas, segnaliamo le difficoltà che in questi ultimi anni hanno colpito i comparti del vetro, della ceramica, del cemento, della plastica, della produzione di laterizi, la meccanica pesante, l’alimentazione, la chimica etc. Per quanto concerne l’energia elettrica, invece, rischiano il blackout le acciaierie/fonderie, l’alimentare, il commercio (negozi, botteghe, centri commerciali, etc.), alberghi, bar-ristoranti, altri servizi (cinema, teatri, discoteche,
lavanderie, etc.).

Va comunque sottolineato che il divario di costo tra grandi e piccole imprese è sempre esistito e tale situazione è presente anche negli altri Paesi europei. Tuttavia, a differenza dei nostri principali competitor commerciali d’Oltralpe, il peso delle piccole imprese italiane sull’economia nazionale non ha eguali. Pertanto, la penalizzazione delle nostre micro e piccole aziende è la più “insopportabile” d’Europa.

Stefania Losito

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