Avrebbe avvertito un malore mentre lavorava nei campi a Laterza, nel Tarantino, e sarebbe mordo poco dopo. Un bracciante agricolo indiano di 38 anni, Rajwinder Sidhu Singh, lo scorso 26 maggio, sarebbe stato trovato riverso nel terreno dal titolare dell’azienda agricola per cui lavorava e che lo avrebbe portato all’ospedale San Pio di Castellaneta, credendo fosse svenuto. In realtà i sanitari ne hanno accertato il decesso e hanno avvisato i carabinieri. Per questo, con le accuse di omicidio colposo e caporalato, l’imprenditore è indagato dalla procura di Taranto. A quanto pare, però, la procura non avrebbe creduto al racconto.
Presunte discrepanze riguarderebbero dettagli, orari di ritrovamento e lo stato in cui il corpo della vittima si presentava sotto gli occhi del datore di lavoro. Il procuratore Eugenia Pontassuglia e il pm Filomena Di Tursi hanno disposto l’autopsia, che è stata eseguita molti giorni dopo in quanto era necessario attendere la notifica dell’avviso degli accertamenti tecnici irripetibili ai familiari. Ora si attendono i risultati dell’esame per comprendere le cause del decesso e stabilire se i soccorsi siano stati tempestivi. Al momento si ipotizza una morte di stenti.
La salma di Rajwinder Sidhu Singh è tornata in patria un mese dopo, il 26 giugno, dopo che i familiari del bracciante sono giunti in Italia e hanno ottenuto il nulla osta.
“Chiediamo che si faccia piena chiarezza sull’accaduto e continueremo a lavorare per questo. Come Flai Cgil Taranto abbiamo appreso la notizia dalla stampa, ma ci siamo immediatamente attivati per comprendere cos’è e successo. Dalle informazioni reperite ci risulta che l’imprenditore ha un altro processo di caporalato in corso”, ha spiegato Lucia La Penna, segretaria della Flai Cgil di Taranto, che annuncia che “depositerà una nomina come persona offesa e parte danneggiata alla procura, come in altri processi nei quali siamo stati ammessi come parte civile, in difesa dei lavoratori”.
Per Giovanni D’Arcangelo, segretario generale della Cgil di Taranto, “il giovane indiano Rajwinder Sidhu Singh, così come Paola Clemente, la bracciante di Crispiano (Taranto) morta il 13 luglio del 2015 in una campagna di Andria, e i braccianti agricoli rumeni che nel 2016 trovarono rifugio nella sede della Cgil di Taranto dopo essere fuggiti dal capannone lager nella provincia occidentale di Taranto, rappresentano non solo un simbolo, una icona, ma una testimonianza viva”.
Il 38enne si chiamava Singh, come l’operaio indiano morto a Latina il 19 giugno scorso, che subì l’amputazione del braccio destro in un incidente nei campi, che provocò una copiosa emorragia, e fu lasciato davanti alla sua abitazione. In quel caso il primo luglio il suo datore di lavoro è stato arrestato per l’ipotesi di omicidio doloso.
Stefania Losito