Il 5 febbraio dell’anno scorso, mentre era all’aeroporto di Malpensa ad aspettare Giulia che rientrava da Napoli, Alessandro Impagnatiello sul suo smartphone faceva ricerche sul “cloroformio”, qualche giorno dopo acquistato via internet sotto falso nome e poi ritrovato in cantina. È un particolare emerso dalla deposizione di un maresciallo dei carabinieri sentito stamane durante la seconda udienza del processo sull’omicidio di Giulia Tramontano, la donna uccisa al settimo mese di gravidanza da Impagnatiello, il suo fidanzato. L’investigatore, nella sua ricostruzione, ha spiegato che l’uomo, tra dicembre 2022 e gennaio e maggio 2023, come risulta dall’analisi del suo telefono, aveva cercato “veleno per topi incinta”, “veleno per topi in gravidanza” e “veleno per topi uomo”. Il teste ha spiegato, definendola “fondamentale”, la ricerca del 7 gennaio dell’anno scorso: “ha visualizzato una pagina” che riguardava “quanto veleno per topi” era necessario “per uccidere una persona”.
L’esito dell’autopsia su Giulia e Thiago, ha ricordato, ha dato esito positivo al veleno per topi. Veleno di cui sono state trovate e sequestrate due bustine nello zaino dell’imputato.
Durante il processo è stata mostrata l’immagine del corpo di Giulia e Impagnatiello ha cominciato a singhiozzare. Da quel momento l’uomo non ha più alzato lo sguardo, tenendo la testa tra le mani.
Michela Lopez