La cucina italiana riconosciuta patrimonio Unesco è un’opportunità di sviluppo per l’export del Paese. Ne è convinta Coldiretti che ha effettuato una proiezione sui dati Istat diffusa durante l’assemblea nazionale a Roma, con il presidente Ettore Prandini e il segretario generale Vincenzo Gesmundo. Per l’organizzazione agricola, l’export, nel 2025, raggiungerà la cifra record di 73 miliardi di euro, nonostante dazi USA, tensioni internazionali e blocchi commerciali. Nei primi nove mesi dell’anno l’agroalimentare nazionale ha registrato una crescita del 6% sui mercati globali, con l’obiettivo di consolidare e possibilmente aumentare ulteriormente questo risultato entro fine anno.
Il prodotto più esportato è il vino, davanti a ortofrutta trasformata, formaggi, pasta e derivati dei cereali, frutta e verdura fresche, salumi e olio d’oliva. La Germania resta il principale mercato di sbocco dei prodotti agroalimentari italiani, con una crescita nel 2025 del 7%, seguita da Francia (+6%), Stati Uniti (-1%), Gran Bretagna (+3%) e Spagna (+15%).
Gli USA rimangono il primo mercato extra UE, anche se l’effetto dei dazi al 15% imposti dal presidente Trump sull’export europeo si è fatto sentire. Dopo un primo trimestre dell’anno con una crescita media dell’11% in valore, nei primi tre mesi di applicazione dei dazi aggiuntivi al 10% le esportazioni agroalimentari italiane verso gli USA sono progressivamente diminuite, fino al crollo di agosto (-23%) con l’aumento dei dazi al 15%. A settembre il dato resta negativo, ma risale al -11%.
Secondo l’indagine, il Made in Italy continua tuttavia a essere penalizzato anche da tensioni e blocchi commerciali, barriere sanitarie e ostacoli burocratici spesso utilizzati strumentalmente contro i prodotti agroalimentari nazionali. “Per valorizzare al massimo il potenziale dell’enogastronomia italiana, rafforzato dal riconoscimento Unesco, è essenziale superare queste barriere e colmare i gap infrastrutturali del Paese, che ci costano oltre 93 miliardi di euro in export mancato, di cui 9 miliardi solo nell’agroalimentare- spiega Prandini-Occorre contrastare l’agropirateria globale, con il falso Made in Italy alimentare che supera i 120 miliardi di euro, sottraendo risorse e posti di lavoro al Paese, senza dimenticare il fenomeno dell’italian sounding anche sul mercato interno”.
Stefania Losito
