Martedì 12 ottobre, alle 12.20, sarà in diretta nei nostri studi
«Sono un ragazzo molto solare, altruista, tenace: ogni obiettivo che mi pongo, lo inseguo, non lo
lascio, lo raggiungo». Deddy, alla nascita (nel 2001, a Settimo Torinese) Dennis Rizzi, capisce presto
che la musica, il cantautorato, anzi, è uno di questi. Anzi, qualcosa di più. Proprio il suo divenire.
«Ricordo quando con mia mamma ci mettevamo in viaggio verso la Puglia, per andare a trovare i
nonni, e in macchina ascoltavamo a tutto volume Tiziano Ferro, Claudio Baglioni, Eros Ramazzotti.
Li cantavamo a squarciagola come i pazzi. Era un rito di famiglia. La mia immagine di felicità». A
scriverne di sue, di canzoni, inizia presto, a 12 anni. «I miei si lasciarono che ne avevo 8, o 9,
quando nessuno ancora era figlio di genitori separati, e non sapevo con chi parlare, o forse era
solo una mia percezione perché nella mia testa ero l’unico bambino che tornava a casa e non
trovava mamma e papà insieme. È stato così che ho preso a buttare giù nelle note del telefono
frasi, pensieri da tram. E in rete a cercare: “Come si fa una canzone”. Metto insieme i pensieri,
adatto dei suoni che trovo su Youtube. Ne esce qualcosa che somiglia già a un brano. Lo intitolo E
la normalità. Gli accordi vanno, sulla tastiera. Forse già funziona ma non posso saperlo: ho sempre
avuto tanta paura del giudizio, gli ho sempre dato più peso di quello che merita».
Sempre in provincia di Torino, dove cresce, inizia a lavorare come barbiere. È una passione
ereditata dalla mamma parrucchiera («Il lunedì piangevo perché dovevo andare a scuola invece di
poter stare con lei »), e una forma d’arte pure quella («Crei, cerchi l’approvazione di chi hai per le
mani, che si sente più bello se gli hai tagliato bene i capelli, proprio come si aspettava o come l’hai
sorpreso. Quando pettini, modelli»). La svolta arriva in un giorno qualunque come spesso succede
quando meno te l’aspetti, un giorno qualunque in cui presti attenzione a un segno che il giorno
prima avresti forse ignorato. Sta curando un cliente, canticchiando. «Lui mi fa: “Perché non provi
Amici?”. E io: “Ma scherzi? E perché mai dovrebbero prendere me?”. Mi sembrava inarrivabile».
Manda però il provino. Lo chiamano. È minorenne. Ai casting lo accompagna il papà. «Con
sacrificio. Restare a dormire a Roma aveva un costo, quindi andata e ritorno in giornata. In
corridoio ascoltavo gli altri cantare, mi dicevo: “Sono pazzeschi, non ce la farò mai”. E invece ce la
faccio. Sì, ce l’avevamo fatta».
È novembre 2020 quando entra ad Amici di Maria De Filippi. A casa il fratello maggiore migliore
amico a fare il tifo per lui. Finita l’edizione si guarda allo specchio: «Sono sempre lo stesso ragazzo
solo a un punto più avanzato di quel sogno che aveva». È l’insegnamento più grande che gli ha
dato la sua famiglia: «Qualsiasi cosa raggiungi, fosse anche un traguardo piccolo, fermati, guarda
indietro e gioisci per la fatica e la conquista: anche potere accendere un mutuo è una
soddisfazione».
Firma con la major Warner Music Italia («Che non mi sembra vero, di poter dire: “Stamattina vado
a lavorare”, e significa: “Vado in studio a fare musica”). Il singolo Il cielo contromano – in cui
racconta la sua storia, «la storia di un giovane che non ha mai studiato in modo professionista e
che ispirandosi ad alcuni cantanti che stimava ha studiato a modo suo viaggiando tra le sue stelle
in senso inverso contro tutti e tutto, costruendosi la propria identità artistica oltre ogni critica» – è
un successo. Lo è Zero passi, scritto insieme a Giordana Angi e prodotto da Zef, entrambi certificati
PLATINO.
È il 14 maggio 2021, e Deddy pubblica il suo primo EP «Il cielo contromano», che debutta sul podio
della classifica ufficiale album FIMI/Gfk, alla posizione n.2, e conquista la certificazione ORO. L’8
ottobre arriva invece Il cielo contromano su Giove, la nuova versione dell’album con 7 nuovi brani
scritti in parte da Deddy, in parte da autori quali Rocco Hunt, Giordana Angi, Michele Canova,
Alessandro La Cava e molti altri.
In questo lavoro Deddy lavora anche con importanti produttori, dallo stesso Canova, a Francesco
“Katoo” Catitti e Cesare Chiodo a Tom Beaver.
C’è Giove (Alessandro La Cava/Yuri Salihi), appunto: «Passo tanto tempo a guardare lassù, e forse
Giove è solo un’ode all’amore che è questa combinazione perfetta di satelliti tra il sapere di stare
bene con se stessi accettarsi e avere un’altra persona che è con te in ogni imperfezione, anche
quando è stanca, anche nel difetto». C’è Pensa a te (Rocco Hunt/Valerio Passeri) :«Per la bellezza
di una ragazza che esce da una relazione malata che la limitava, se ne libera, e va verso la sua vita
nuova, senza più privarsi di troppo». E poi Mentre ti spoglio (Giordana Angi): «Qualcosa che tutti
abbiamo provato almeno una volta nella vita: il contatto con la pelle dell’altro che hai scelto, che
scatena una sensazione forte, quasi di apoteosi». Occhi verdi (Alessandro La Cava/Deddy): «Un
amore finito, il punto in cui ci si chiede: “Ma che cosa ci è successo? Che cosa siamo ora?”». Tu
non passi mai (Michele Canova/Matteo Mobrici/Danti): «Parlo di certe persone che restano in un
posto dentro di noi e ci “fermano” lì, ovunque siamo». Cenere Feat Nisba (Deddy/Giuliano Maria
Castiglia): «Sull’ammettere le proprie colpe, e chiedere scusa. Su quanto è importante». Piccoli
brividi (Valeria Palmitessa/Gianluca Franchini/Viviana Colombo): «Di quando scrivi quel che senti e
poi elimini il messaggio, di quando lei ti arriva in tuta da ginnastica e non in tacchi a spillo ma per
te è vestita comunque dall’unico abito che ha indosso per te, un abito stupendo, e parlo di
qualcosa di interiore, un abito da sposa».
Angela Tangorra