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Delitto di Garlasco, 18 anni dopo si riapre il caso con un nuovo indagato. Speranze per Stasi, da 10 anni in carcere per l’ omicidio della fidanzata Chiara

Il delitto di Garlasco, tutto da rifare. Dopo 18 anni, una nuova superperizia sulle tracce di Dna trovate su due unghie di Chiara Poggi, uccisa nell’agosto 2007 nella sua villetta a Garlasco, nel Pavese, riapre le indagini. Dopo cinque gradi di giudizio, con una condanna definitiva a 16 anni per il fidanzato della ragazza, Alberto Stasi, ora è di nuovo indagato, Andrea Sempio, amico del fratello della vittima, già indagato tra il 2016 e il 2017, sempre per quelle tracce di Dna. Le accuse furono archiviate perché gli esami svolti dal genetista Francesco De Stefano dissero che non era possibile stabilire con certezza a chi apparteneva il profilo: il materiale a disposizione era così degradato che “non era possibile – era l’opinione del professore riportata negli atti – fare alcuna considerazione né in tema di identità, né in tema di esclusione”.

L’avvocato di Stasi, Giada Bocellari, a distanza di diciotto anni ha affidato a un laboratorio di genetica di fama internazionale, con sede all’estero, il compito di analizzare nuovamente quei reperti biologici. L’esito positivo avrebbe trovato riscontro anche in una consulenza disposta nei mesi scorsi della Procura di Pavia. Giovedì Sempio dovrà presentarsi nella sede della scientifica dei carabinieri di Milano per essere sottoposto all’esame salivare e al tampone. Un accertamento disposto in modo coatto perché Sempio, ricevuta l’informazione di garanzia con cui è stato invitato a sottoporsi ai prelievi per gli accertamenti sul Dna, si era rifiutato. E’ indagato per concorso in omicidio.

IL DELITTO – Intorno alle 14, una decina di minuti prima, del 13 agosto 2007, due carabinieri entrarono nella villetta della famiglia Poggi a Garlasco, su chiamata di Alberto Stasi, a Garlasco, e trovarono il cadavere di Chiara in fondo alla scala che conduceva alla cantina. I militari trovarono il cancello chiuso ma la porta d’ingresso all’abitazione socchiusa. Alll’ingresso al piano terra, notarono sulla sinistra un paio di pantofole bianche, un portavaso rovesciato e il sottovaso
capovolto. Sulla scala che conduceva al piano superiore videro alcune chiazze di sangue, una delle quali particolarmente estesa. Notarono altre macchie sul telefono e sulla parete accanto, una chiazza estesa e una ciocca
di capelli davanti alla scala per la cantina. La porta di accesso alla scala della cantina era aperta e la luce era accesa. In fondo alla scala i carabinieri videro una grande quantità di sangue e, infine, il cadavere di Chiara, in posizione prona, con la testa, che presentava numerose ferite, appoggiata al muro e i piedi rivolti verso l’accesso alla scala del piano terra.
La ragazza – secondo quanto emerso durante le indagini – era stata uccisa quel giorno poco dopo le 9.12, orario di
disattivazione dell’allarme della casa. Era stata colpita violentemente con un oggetto (mai identificato) una prima volta
alla base della scala diretta al primo piano, poi, probabilmente tramortita, trascinata e gettata lungo la scala per la cantina, lungo la quale sarebbe stata di nuovo violentemente colpita alla testa o avrebbe battuto il capo in corrispondenza del quarto gradino. Il decesso non fu immediato, ma la ragazza morì verosimilmente entro 30 minuti dalla prima aggressione. Il Dna ritrovato sotto le unghie della vittima non risultò essere di Stasi.

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