Dopo il processo, si attende la pronuncia del Consiglio di Stato sugli impianti a caldo
Il giorno dopo la sentenza di primo grado del processo Ambiente Svenduto sul presunto disastro ambientale causato dall’ex Ilva di Taranto durante la gestione dei Riva, dal 1995 al 2012, si cerca di capire quale sarà il futuro dello stabilimento, oggi in mano alla società franco-indiana Arcelor Mittal, al quale dovrebbe affiancarsi lo Stato italiano tramite Invitalia. E qui il condizionale è d’obbligo.
Infatti la Corte d’Assise di Taranto, insieme alla condanna di 26 imputati, ha confiscato gli impianti a caldo del siderurgico. La confisca non diventerà esecutiva fino al terzo grado di giudizio, ma di certo aumenta le incognite che erano già parecchie prima.
Questo perché gli impianti a caldo potrebbero essere fermati per un’altra sentenza, ancor prima del processo sul disastro ambientale. Si attende, a breve, la pronuncia del Consiglio di Stato sulla sentenza del Tar di Lecce che il 13 febbraio scorso ha disposto la fermata dell’area a caldo in ottemperanza all’ordinanza sulle emissioni del sindaco di Taranto Rinaldo Melucci.
Le due vicende legali potrebbero far saltare l’accordo Invitalia-Arcelor Mittal per le condizioni sospensive fissate dal gruppo franco-indiano, ovvero la revoca dei sequestri penali sull’acciaieria e l’assenza di misure restrittive nei confronti di Acciaierie d’Italia o sue consociate.
Se è vero che la Corte d’Assise ha ufficializzato che il siderurgico di Taranto inquina e fa male alla salute, o almeno l’ha fatto fino alla gestione Riva, è anche vero che dà lavoro a oltre 14 mila persone tra dipendenti diretti e indotto ed è il più grande d’Europa.
“Per me prima viene la salute, poi il Pil” ha detto il ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani. “Io ho fatto un piano per togliere il carbone all’altoforno, elettrificarlo e passare subito al gas per abbattere la Co2 del 30%, sperando di essere velocissimi sull’ulteriore passaggio all’idrogeno. Se però non si potrà andare avanti, è ovvio che questa cosa la dovrò fermare” ha detto Cingolani. “Taranto va tutelata a tutti i costi, però le sentenze ci diranno che cosa succederà”.
Intanto il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, ha fatto sapere che la provvisionale di 100 mila euro che la Corte d’Assise ha riconosciuto al Comune sarà investita per la riqualificazione del rione Tamburi. Tutto ciò in attesa del vero risarcimento, quello che il tribunale penale ha riconosciuto, “quando esauriti i tre gradi di giudizio potremo interpellare il tribunale civile” ha spiegato Melucci. I legali del Comune hanno chiesto un risarcimento di 10 miliardi di euro, “che l’ente potrà esercitare nei confronti di alcuni imputati” ha concluso il sindaco.
Gianvito Magistà