La costruzione di nuove infrastrutture per produrre gas entro due anni, efficienza energetica degli impianti esistenti e una nuova piattaforma galleggiante entro la metà di quest’anno. Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, in un’intervista tv, illustra le azioni che il governo intende portare avanti dal punto di vista energetico e ambientale. “Al momento abbiamo tre rigassificatori che vanno al 60% della loro capacità di esercizio per via del bilancio energetico globale e questi possono essere a breve portati a una efficienza superiore quindi produrre più gas – spiega Cingolani – dopodiché, già per metà di quest’anno, installeremo un primo rigassificatore galleggiante”. La prerogativa di questi impianti è che “hanno la fortuna di essere mobili, quindi si mettono in prossimità delle tubazioni e possono trasformare in mare il gas liquido e poi costruiremo altre infrastrutture nei prossimi 12-24 mesi”.
Sulla paura che il gas russo non arrivi più in Italia, il ministro rassicura: “Se, per qualche motivo, dovesse cessare completamente la fornitura dalla Russia con le nostre riserve attuali e il piano di emergenza ci darebbero un tempo sufficientemente lungo da arrivare alla stagione buona”. Dice che, certamente, “dovremmo fare dei sacrifici ma non fermeremmo le macchine”. Il ministro ricorda che il gas che acquistiamo in Europa “frutta ai russi quasi un miliardo di euro al giorno. Non sono sicuro che loro vogliano chiudere”, osserva. In ogni caso, “noi importiamo dalla Russia ogni
anno circa 29 miliardi di metri cubi di gas, poco più del 40%”. “Questi vanno sostituiti – spiega Cingolani – abbiamo fatto un’operazione estremamente anticipata e rapida ed entro la primavera inoltrata circa 15-16 miliardi di metri cubi saranno rimpiazzati da altri fornitori”. E aggiunge: “Stiamo lavorando con impianti nuovi, rigassificazione e contratti a lungo termine, rinforzo delle nostre infrastrutture e ragionevolmente in 24-30 mesi dovrebbero consentirci di essere completamente indipendente”, spiega il ministro.
“Dal punto di vista ambientale la quantità di gas è la stessa che bruciamo oggi, può cambiare il metodo o l’infrastruttura ma non ne bruceremo di più”, aggiunge il ministro. “Se la situazione rimarrà questa – chiarisce – noi
consumeremo lo stesso gas di oggi, accelereremo le rinnovabili in tutte le forme e penso di poter dire con un ampio margine di certezza che noi garantiremo comunque il percorso di decarbonizzazione al 55%”.
Sulla paventata riapertura delle centrali a carbone annunciata dal premier Draghi, Cingolani è chiaro: “Non riapriamo nulla”, anche in caso di aggravarsi della crisi emergenza. Piuttosto “si potrebbero mandare a pieno regime le due centrali principali ancora in funzione: Brindisi e Civitavecchia”. “Poi ce ne sono altre piccole. Per ora funzionano a scartamento ridotto – spiega Cingolani -potrebbero, per un periodo limitato produrre energia in caso di mancanza”.
“Quelle che sono chiuse – sottolinea il ministro – non si riaprono perché la spesa non varrebbe l’impresa”.
Stefania Losito