La Russa a Praga per ricordare Jan Palach, pioggia di critiche. Anpi: “Proprio oggi?”
Parla di “concordia nazionale”, la premier Giorgia Meloni, nel suo primo 25 aprile in quel ruolo, in una lettera al Corriere della Sera in edicola oggi. Da più parti arrivano messaggi forti, come il monito di Sergio Mattarella: il presidente della Repubblica chiede agli italiani di “tener viva la memoria della lotta per la Liberazione dell’Italia dal nazifascismo”. Messaggio di Berlusconi dal San Raffaele: ‘Viva il 25 aprile, la festa di tutti gli italiani che amano la libertà!’. ‘Condanniamo il fascismo, siamo per la libertà’, il messaggio del ministro dell’Istruzione e del Merito Valditara. Oggi sono previste manifestazioni in tutta Italia. Intanto l’Anpi chiede alla premier e al governo di ‘dissociarsi dal Ventennio fascista’ e critica il presidente del Senato La Russa, a Praga in visita al campo di concentramento nazista di Theresienstadt e al monumento di Jan Palach: ‘Aveva 364 giorni per farlo’.
LA LETTERA DELLA PREMIER MELONI – La presidente del consiglio Giorgia Meloni affida al Corriere le sue “riflessioni che mi auguro possano contribuire a fare di questa ricorrenza un momento di ritrovata concordia nazionale nel quale la celebrazione della nostra ritrovata libertà ci aiuti a comprendere e rafforzare il ruolo dell’Italia nel mondo come imprescindibile baluardo di democrazia”. Poi continua, spegnendo le polemiche sulla destra che, secondo la sinistra, non riesce a prendere le distanze dal fascismo: “E lo faccio con la serenità di chi queste riflessioni le ha viste maturare compiutamente tra le fila della propria parte politica ormai 30 anni fa, senza mai discostarsene nei lunghi anni di impegno politico e istituzionale. Da molti anni infatti, e come ogni osservatore onesto riconosce, i partiti che rappresentano la destra in Parlamento hanno dichiarato la loro incompatibilità con qualsiasi nostalgia del fascismo”.
La premier ripercorre la storia lungo le colonne del Corriere della Sera: “Il 25 Aprile 1945 segna evidentemente uno spartiacque per l’Italia: la fine della Seconda guerra mondiale, dell’occupazione nazista, del Ventennio fascista, delle persecuzioni anti ebraiche, dei bombardamenti e di molti altri lutti e privazioni che hanno afflitto per lungo tempo la nostra comunità nazionale. Purtroppo, la stessa data non segnò anche la fine della sanguinosa guerra civile che aveva lacerato il popolo italiano, che in alcuni territori si protrasse e divise persino singole famiglie, travolte da una spirale di odio che portò a esecuzioni sommarie anche diversi mesi dopo la fine del conflitto. Così come è doveroso ricordare che, mentre quel giorno milioni di italiani tornarono ad assaporare la libertà, per centinaia di migliaia di nostri connazionali di Istria, Fiume e Dalmazia iniziò invece una seconda ondata di eccidi e il dramma dell’esodo dalle loro terre. Ma il frutto fondamentale del 25 Aprile è non solo è la conquista più grande che la nostra Nazione possa vantare ma è anche l’unico, vero antidoto a qualsiasi rischio autoritario” E qui l’affondo sulle polemiche, chiaro ed evidente: “Per questo non comprendo le ragioni perle quali, in Italia, proprio fra coloro che si considerano i custodi di questa
conquista vi sia chi ne nega allo stesso tempo l’efficacia, narrando una sorta di immaginaria divisione tra italiani
compiutamente democratici e altri — presumibilmente la maggioranza a giudicare dai risultati elettorali — che pur
non dichiarandolo sognerebbero in segreto un ritorno a quel passato di mancate libertà. Capisco, invece, quale sia
l’obiettivo di quanti, in preparazione di questa giornata e delle sue cerimonie, stilano la lista di chi possa e di chi non
possa partecipare, secondo punteggi che nulla hanno a che fare con la storia ma molto hanno a che fare con la politica. È usare la categoria del fascismo come strumento di delegittimazione di qualsiasi avversario politico: una sorta
di arma di esclusione di massa, come ha insegnato Augusto Del Noce, che per decenni ha consentito di estromettere
persone, associazioni e partiti da ogni ambito di confronto, di discussione, di semplice ascolto”.
“L’amore per la democrazia e per la libertà è ancora l’unico vero antidoto contro tutti i totalitarismi. In Italia come in Europa” e questa è “una consapevolezza che ha portato il Parlamento europeo a condannare inequivocabilmente e definitivamente tutti i regimi del ‘900, senza eccezioni, con una risoluzione del settembre 2019 nella quale mi riconosco totalmente, e che il gruppo di Fratelli d’Italia, insieme a tutta la famiglia dei Conservatori europei e all’intero centrodestra, votò senza alcuna esitazione (a differenza, purtroppo, di altri)”, scrive ancora la premier. “Quella risoluzione, aggiunge, “assume nell’attuale contesto un valore ancora maggiore, dinnanzi alla eroica resistenza del
popolo ucraino in difesa della propria libertà e indipendenza dall’invasione russa. In tutto il mondo – continua la presidente del Consiglio – le autocrazie cercano di guadagnare campo sulle democrazie e si fanno sempre più aggressive e minacciose, e il rischio di una saldatura che porti a sovvertire l’ordine internazionale che le democrazie liberali hanno indirizzato e costruito dopo la fine del secondo conflitto mondiale e la dissoluzione dell’Unione Sovietica è purtroppo reale”.
“In questo nuovo bipolarismo l’Italia la sua scelta di campo l’ha fatta, ed è una scelta netta. Stiamo dalla parte della libertà e della democrazia, senza se e senza ma, e questo è il modo migliore per attualizzare il messaggio del 25 Aprile. Perché con l’invasione russa dell’Ucraina la nostra libertà è tornata concretamente in pericolo. È, questa, una convinzione che ho rafforzato grazie all’incontro con una donna straordinaria, Paola Del Din”.
La lettera della premier Giorgia Meloni si conclude con un riferimento all’incontro con la partigiana Paola Del Din. “Durante la Resistenza combatteva con le Brigate Osoppo, le formazioni di ispirazione laica, socialista, monarchica e cattolica. Fu la prima donna italiana – ricorda la presidente del Consiglio – a paracadutarsi in tempo di guerra. Il suo coraggio le è valso una Medaglia d’oro al valor militare, che ancora oggi, quasi settant’anni dopo averla ricevuta, sfoggia sul petto con commovente orgoglio”. “Della Resistenza dice: «Il tempo ci ha ribattezzati Partigiani, ma noi eravamo Patrioti, io lo sono sempre stata e lo sono ancora». Nell’Italia repubblicana – prosegue Meloni – è stata insegnante di Lettere e, nonostante i suoi quasi cento anni, continua ad accettare gli inviti a parlare nelle scuole di
Italia e del valore della Libertà. Dedico questo giorno a lei, madre di quattro figli e nonna di altrettanti nipoti, ma anche, idealmente, di tutti gli italiani che antepongono l’amore per la propria Patria a ogni contrapposizione ideologica”.
Stefania Losito
(credits: foto in copertina da Archivio storico Istituto Luce)